Tempo di Avvento
Il tempo precipita. Siamo sopraggiunti ancora una volta alla fine dell’anno liturgico e con questa domenica ne iniziamo uno nuovo. Liturgicamente parlando siamo nell’anno C, apriamo il vangelo di Luca, svolgendo la prima domenica di Avvento.
E mentre i centri commerciali già si illuminano di luminarie, la liturgia ci porta all’essenziale, ovvero ci spinge alla contemplazione di un piccolo germoglio. Siamo mossi a chinarci su ogni inizio di vita proprio come quello di un germoglio. Come per far fiorire questo ce ne curiamo, così se vogliamo che nella nostra realtà germogli qualcosa di nuovo e di bello, prendiamoci cura anzitutto della nostra interiorità. A questo ci interpella la prima lettura tramite le parole del profeta Geremia.
Questo germoglio, di cui ci parla, è quello della speranza, ma per sperare bisogna saper considerare il futuro. Per tante ragioni esso non ha una bella cera, gli ultimi dati Istat ci dicono che cresce la disoccupazione giovanile soprattutto al sud. Viaggiamo nella storia tra ansie e paure per un domani; ma possiamo rimanere preda soltanto del presente?
L’Avvento ci riporta all’inizio, ma ci ricorda anche che siamo incessantemente “nell’attesa di una speciale venuta”. È vero che questa nostra corsa nella vita e nel tempo ha un’unica e indubbia direzione: va solo e sempre verso il futuro. Nel passato nessuno torna più! Tutto è di transito verso il futuro.
Facciamoci qualche domanda per entrare nell’Avvento un po’ rinnovati. Come va la mia vita? C’è qualcosa che va rivisto? Qual è il mio fine principale? So dare grandi orientamenti al mio esistere o vivo alla giornata rincorrendo obiettivi solo contingenti: lavoro, studio, svago, senza mai alzare la intelligenza verso le cose di lassù?
Se la nostra esistenza è priva di grandi orizzonti chiediamo anzitutto a noi stessi di saperle dare un colpo d’ala e indirizzarla verso un fine eterno, altrimenti rischiamo di banalizzare questi grandi temi escatologici delle prossime domeniche che ci attendono. La Parola di Dio ci invita a ri-considerare il nostro destino futuro che sarà eterno e nel contempo ad essere vigilanti per trovarci pronti ad accogliere il Signore quando giungerà.
Tempo di attesa questo dell’Avvento, ma ancor di più tempo di stile di vita differente. Cosa attendiamo? Chi attendiamo? Cosa può conservare accesa la lampada dell’attesa se non il desiderio? Aspettiamo colui che viene a rivelarci il Padre, ma anche a svelare chi siamo noi, quindi il primo passo è quello della consapevolezza.
Non ci resta che metterci in cammino: come diceva Simone Weil, parlando della perseveranza: «questa virtù designa un uomo che attende senza muoversi, a dispetto di tutti i colpi con cui si cerca di smuoverlo».
Per apprendere tutto questo non possiamo dormire sui capezzali della nostra consuetudine, ma l’oggi richiede coraggio, audacia, che solo ogni discepolo consapevole conosce. Maria, la madre di Gesù, in questo c’è stata di esempio.
Don Francesco Machì
Incontro di preghiera in preparazione al Natale