“FANCIULLA, IO TI DICO: ALZATI”
(Sap 1, 13-15-2, 23-24; 2Cor 8, 7.9.13-15; Mc 5, 21-43)
Visto che nel Vangelo ci imbatteremo in situazione dolorose di sofferenza, di malattia e di morte, la prima lettura, tratta dal libro della Sapienza, ci offre delle affermazioni molto decise con cui l’autore prende le difese di Dio e della bontà della sua creazione. Egli non ha alcuna esitazione ad affermare la bontà assoluta di Dio e delle opere da Lui create, che di per sé non contengono semi di morte e sono state offerte all’uomo perché di esse viva e vi trovi godimento. Egli ribadisce con estrema chiarezza che “le creature del mondo sono portatrici di salvezza e in esse non c’è veleno di morte”. Ma l’esperienza di tutti gli uomini, sia del passato come pure del presente, si trova costantemente a lottare contro tante realtà che purtroppo contengono “veleni o semi di morte” e ogni uomo, che lo voglia o meno, è inevitabilmente soggetto al dolore, alla malattia, alle sofferenze di ogni genere ed infine alla morte. L’autore tuttavia insiste con ferma convinzione e chiarezza nel dire che “Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità e per questo lo ha fatto immagine della propria natura”.
Tuttavia quest’autore non può chiudere gli occhi di fronte alla realtà, per cui, forte della saggezza che gli viene da Dio, ci fornisce la sua lettura di carattere teologico, dandoci le ragioni profonde della presenza del male in questo mondo: “Per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo”. A questo punto comprendiamo perché Gesù ha a che fare con il male, in tutte le forme in cui esso si presenta, e perché nella sua vita si è trovato a dover combattere contro il male e contro colui che del male è il fomentatore e l’istigatore, cioè il diavolo. Avendo assunto la nostra natura umana, non poteva fare a meno di assumere la nostra debolezza ed i nostri limiti, ad eccezione del peccato, che cozza inesorabilmente contro la sua natura. Ecco perché vediamo Gesù costantemente vicino agli ultimi, ai lontani, ai peccatori, ai sofferenti, ai malati, per dare loro fiducia, conforto, speranza e guarigione da ogni genere di malattia, e spesso si trova liberare le persone dal diavolo che stava a tormentarle. Inoltre ai discepoli dà il potere di cacciare i demoni e di guarire i malati da ogni genere di malattia e infermità.
Anche il Vangelo di oggi ci offre una splendida testimonianza del potere che Gesù ha nei confronti delle malattie e persino della morte. Gesù era appena sceso dalla barca che lo aveva riportato dall’altra riva fino nelle spiagge della Galilea, nei pressi di Cafarnao, e già lo vediamo subito circondato dalla folla, desiderosa di ascoltarlo e di stargli vicino. Mentre era ancora sulla riva del lago, ecco che arriva un uomo, il capo della Sinagoga, Giairo, visibilmente addolorato ed affranto che subito si rivolge al Maestro e si prostra ai suoi piedi, manifestando la sua angoscia: “Mia figlia sta per morire. Vieni subito ad imporre le mani su di lei, perché sia salvata e viva”. Gesù non si sottrae a questa pressante richiesta e va con Giairo, seguito dalla folla. In mezzo a quella folla c’era una donna che da dodici anni soffriva di perdite di sangue ed era stata da tanti dottori per cercare di guarire, ma la sua condizione non era migliorata e, per giunta, aveva perso pure il suo denaro. La donna cominciò a pensare che se avesse avuto la possibilità di toccare la veste di Gesù certamente sarebbe guarita. E si avvicina al Maestro.
Non appena fu a contatto con Lui, riuscì a sfiorargli la veste. Un fremito l’attraversò tutta e sentì di essere guarita. Gesù allora si ferma e chiede chi lo avesse toccato. Non certo in tono di rimprovero, ma per mettere in luce la potenza della fede. Tanto che, mentre Pietro fa notare che tutti lo toccavano poiché gli stavano intorno, la donna si fa avanti mortificata, ma si sente dire: “Figlia, la tua fede ti ha salvata!”. La folla continua a seguire Gesù e Giairo, quando alcuni della famiglia li raggiungono per annunciare a Giairo la terribile notizia che la figlia era appena morta. Ella aveva solo dodici anni. Gesù comprende che il momento è assai difficile. Si stringe a Giairo e gli dice, guardandolo negli occhi: “Non temere. Solo continua ad avere fede!”. Per salvaguardare la fede di Giairo, Gesù prende con sé solo Pietro, Giacomo e Giovanni e non permette ad alcuno di seguirli nella casa della bambina morta. Anzi chiede a tutti di sgombrare la casa e di lasciare in pace i genitori, perché la fanciulla non era morta, ma solo dormiva. Gesù fece questo per non turbare la fede di Giairo, alla vista di tutti quei pianti.
Così, in questa atmosfera densa di fede, dinanzi ai genitori della bambina ed ai suoi tre discepoli, Gesù prende la mano della fanciulla e con semplicità ed affettuosa confidenza le dice semplicemente: “Talità, kum! Fanciulla mia, alzati!”. E subito la fanciulla aprì gli occhi e si alzò in piedi, mentre Gesù la consegnava ai genitori, dicendo: “Datele da mangiare!”. Lo stupore in quella casa fu grande, ma Gesù gestì tutta la situazione, come se si trattasse semplicemente di un sonno profondo dovuto alla debolezza provocata dalla malattia. Anzi disse esplicitamente ai genitori che dovevano presentare l’incredibile evento proprio in questa ottica. Ma la verità si era impressa nel cuore dei genitori e soprattutto di Giairo, per la parola sussurrata da Gesù e accolta da lui con spirito di profonda fiducia: “Non temere. Solo continua ad avere fede!”. Già! Quella parola era stata la sua forza. E continuerà ad essere la nostra forza se la accoglieremo con la stessa fiducia e convinzione di Giairo e della donna che soffriva di perdite di sangue, i quali hanno toccato con mano i meravigliosi frutti che essa è capace di produrre.
Don Giuseppe Licciardi (Padre Pino)