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Santa Famiglia

Santa Famiglia

«IL PADRE E LA MADRE DI GESÚ SI STUPIVANO»
(Gen 15,1-6; 21,1-3; Sal 104; Eb 11,8.11-12.17-19; Lc 2,22-40)

Siamo ancora immersi nella contemplazione del sublime mistero della Incarnazione del Verbo eterno che viene a porre la sua dimora in mezzo agli uomini, per sottolineare l’amore folle di Dio che ha voluto legarsi a noi uomini in un modo così radicale da diventare uno di noi. Già da solo il racconto della Natività ci dice la concretezza di questo farsi uomo del figlio di Dio, cui nulla viene risparmiato di ciò che appartiene alla cruda esistenza di ogni creatura umana. Se togliamo le straordinarie manifestazioni degli angeli che danno ai pastori l’annuncio della nascita del Messia, Figlio di Dio, nulla lascia trasparire l’irruzione meravigliosa del cielo sulla terra e l’ineffabile coabitazione del divino nell’umano.  Giuseppe e Maria non trovano posto per loro, se non in un rifugio di fortuna, un’umile e maleodorante stalla di pastori, dove Maria partorisce e pone il Bambino nella mangiatoia. Le uniche persone che si mostrano loro solidali sono i pastori che stanno a vegliare il loro gregge nelle vicinanze. Questa è la scena in cui ci è presentata la famiglia di Nazaret, con Giuseppe, Maria ed il neonato bambino Gesù.

L’unione di Giuseppe e di Maria è descritta come il realizzarsi di un disegno  divino preparato per la salvezza del genere umano. Maria a Giuseppe danno il loro consenso a questo progetto di Dio, che si sovrappone al loro progetto umano, e si rendono totalmente disponibili a quello che Dio si aspetta da loro, pur non conoscendo i dettagli di questo piano che si va realizzando nella trama semplice, spesso oscura della vita di ogni giorno, con tutti i suoi imprevisti. Proprio perché entrambi sono persone di fede semplice e profonda, si lasciano sorprendere da tutto quello accade ed accolgono con stupore, e quindi con animo attento ed aperto, tutte le vicissitudini della loro vita quotidiana, che non si differenzia da quella delle altre famiglie, se non per lo stile inconfondibile che la caratterizza. Nella famiglia di Nazaret c’è un motivo di fondo che lega in maniera coerente tutti gli aspetti della vita dei membri che la compongono. La vita di Gesù, Giuseppe e Maria trova il suo centro di unione e la sua ragion d’essere in Dio e nel compimento della sua volontà. Tutto viene fatto in Dio, con Dio e per Dio.

La pagina di Vangelo di questa domenica ci racconta uno dei momenti caratteristici della vita di una famiglia ebrea, il rito della purificazione che si compiva quaranta giorni dopo la nascita del figlio primogenito. In questo racconto ci troviamo gli elementi essenziali che ci aiutano a comprendere le ragioni profonde che motivano e guidano la vita di questa straordinaria famiglia che ci viene posta come modello per tutte le famiglie. Sia l’evento che ci viene raccontato, sia i particolari che costituiscono questo racconto mettono in forte evidenza la straordinaria relazione che ciascuno dei protagonisti di questa umile e straordinaria famiglia ha con Dio. L’evento si compie in un luogo ben preciso, la casa di Dio, il segno della sua presenza in mezzo al suo popolo. Ma nello stesso momento in cui entriamo nel tempio, comprendiamo che ormai la presenza di Dio si manifesta in un altro tempio che è la persona di chi compie la volontà di Dio, ed in maniera particolare in Gesù, in questo bambino, che nel momento in cui viene riscattato, si annunzia come il prezzo del riscatto del genere umano.

Nel racconto troviamo come un ritornello che scandisce l’agire di questa famiglia: “secondo la legge del Signore”. Questa famiglia vive i momenti della sua esistenza lasciandosi condurre per mano dalla legge del Signore. Le scelte della famiglia di Nazaret non sono condizionate degli usi e dai costumi degli uomini, che spesso finiscono col sostituire o col contraddire apertamente la legge di Dio, ma unicamente dalla volontà di Dio che è la luce che illumina il suo cammino. Pur osservando le leggi degli uomini e contribuendo attivamente al progresso del paese dove vivono, i veri servi di Dio sono sempre mossi nel loro agire dalla legge di Dio. La relazione con Dio li aiuta a vivere sane e costruttive relazioni con gli altri, in spirito di accoglienza, di fraternità e sincera amicizia. Giuseppe e Maria si lasciano avvicinare dal vecchio Simeone, senza atteggiamenti di estraneità, ma con grande cordialità. Insieme con gli altri essi formano un popolo capace di lodare e benedire il Signore, così come fa senza alcun imbarazzo o rispetto umano la vecchia profetessa Anna, che parla a tutti del Bambino.

E ci sono altri due particolari che mi preme sottolineare, e che Luca si premura di annotare, quando ci svela che “i genitori portavano il bambino Gesù al tempio per fare ciò che la legge prescriveva”. Questo è il primo aspetto e ci fa riflettere sull’educazione religiosa che ogni famiglia, con le parole, ed ancor più con la personale testimonianza, è chiamata ad impartire ai figli. Sembra che nelle famiglie venga trascurato quest’aspetto del compito educativo dei genitori e che si vada avanti a caso, o forse lo si rifiuta perché mancano profonde radici di fede. L’altro aspetto ce lo svela la sottile osservazione che “il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui”. Osservazione bellissima, per dire che ogni figlio porta con se un mistero, il mistero della sua personale vocazione, che i genitori sono chiamati a intuire,  riconoscere ed incoraggiare con tatto, con rispetto, con umiltà. Solo a questo prezzo si possono cogliere i frutti di una educazione sana, basata sulla legge di Dio amata e vissuta: “Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui”.

Giuseppe Licciardi (Padre Pino)