Ancora una parabola di Gesù per raccontarci il regno di Dio. Parole e immagini semplici, che colpiscono l’immaginario di chi al tempo di Gesù lo ascoltava e delle quali anche noi restiamo affascinati.
Nel brano di oggi c’è un Re, una festa da lui organizzata, una sala preparata e rimasta vuota, ma ci sono anche le strade affollate di gente qualunque: semplice, anonima, cattiva e buona. Gente qualunque, che nessuno ha mai preso in considerazione, di cui nessuno si è mai fidato; gente messa ai margini dall’opinione pubblica, dai benpensanti.
La sala è pronta, addobbata, ci sono i tavoli pieni di pietanze come si conviene per una festa di nozze, ma qualcosa non funziona, le cose non vanno per il verso giusto: nessuno degli invitati ha risposto all’invito, i posti sono tutti vuoti, nessuno partecipa alla festa per gioire insieme al re. Che ne sarà delle nozze, della festa, della sala addobbata? Perché gli invitati decidono di restare fuori?
Forse perché fare festa, saper gioire insieme, condividere allegria non è facile, presuppone libertà interiore, disponibilità alla gioia, saper apprezzare anche le cose più semplici e soprattutto le gioie degli altri. Nella parabola Gesù ci dice che i primi invitati non vanno perché hanno troppi impegni, perché occupati a rincorrere affari, interessi economici…, il loro cuore è interamente preso dai guadagni. Non si accorgono che la vita è altro, che ci sono cose più importanti, che l’esistenza è troppo preziosa perché si sciupi dietro alle attrattive materiali.
A un certo punto della parabola ecco il colpo di genio di Dio amore, che crea gioia e a essa coinvolge gli uomini: «Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». Andate e chiamate tutti! Non escludete nessuno, perché tutti devono prendere parte alla gioia di Dio. Il nostro è un Dio che dietro a ogni rifiuto non si scoraggia, non si tira indietro, non butta la spugna, ma alza lo sguardo e trova soluzioni più grandi: chiamate tutti! Nessuno rimanga fuori, alla festa della gioia c’è posto per tutti. Unica condizione è avere il cuore libero da ogni affanno, trovare del tempo da dedicare agli altri, conservare la capacità di gioire insieme al Dio della gioia.
I cristiani, quindi, devono avere la capacità di conservarsi “popolo di strada”, chiamati dai crocicchi del mondo per prendere parte alle nozze dell’Agnello con tutti gli uomini, “cattivi e buoni”, ci suggerisce la parabola di oggi, ma capaci di saper ritornare alla strada per essere “lievito di gioia” nella società. Chiamati dal Re non perché lo meritiamo o perché siamo buoni e neppure perché privilegiati. Siamo chiamati perché capaci di accogliere la proposta di una vita buona che viene da Dio.
La parabola finisce con un “tale” che non indossa l’abito nuziale e, quindi, gettato fuori: parole aspre e dure, forse incomprensibili, ma sicuramente vere.
Che cos’è l’abito nuziale? E’ Cristo! E’ di Lui che ci dobbiamo rivestire (lo abbiamo già fatto nel nostro battesimo) ogni giorno: le sue parole devono diventare le nostre; il suo modo di essere, di agire, il suo sguardo, tutto deve diventare nostro; anche la sua libertà interiore, la sua capacità di accettare chi è diverso da noi devono diventare nostre. E soprattutto dobbiamo saper accogliere coloro che lui preferiva: gli ultimi.
Simbolo dell’abito nuziale è la Donna dell’Apocalisse: vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di stelle. La Donna dell’Apocalisse indossa l’abito giusto, quello della festa: è bianco, quasi accecante, perché rivestita di Cristo. In quella Donna, i Padri della chiesa, ci insegnano c’è Maria, ma è anche l’immagine della Chiesa fatta da tutti i battezzati, che ogni giorno cammina verso la santità e ha come modello la madre di Gesù, la Donna vestita di sole.
Buon cammino a tutti! Sia Cristo, ogni giorno, il nostro abito preferito!