III Domenica di Pasqua
«LO RICONOBBERO NELLO SPEZZARE IL PANE»
(At 2,14.22-33; Sal 15; 1Pt 1,17-21; Lc 24,13-35)
Davvero strani questi racconti della Risurrezione! Quanto più ci avviciniamo ad essi tanto più continuano a sorprenderci, soprattutto con l’insistente osservazione che Gesù, dopo la sua risurrezione, non è immediatamente riconoscibile da quanti gli sono stati più vicini e sono vissuti con Lui, almeno negli ultimi tre anni. Le donne, gli Undici e gli altri discepoli si rendono conto che è proprio Lui solo attraverso dei segni, che possono essere in verità diversi per ognuno. Il segno che Gesù presenta a tutti immediatamente è quello delle sue ferite. Esse lo identificano proprio come colui le cui mani sono state trafitte dai chiodi, che lo hanno fissato sulla croce, ed il cui costato è stato squarciato dalla lancia del centurione. Ma ogni segno che egli offre è fortemente evocativo della sua persona, tanto da garantirne l’identità. Maria di Magdala stava a chiaccherare con Lui senza riconoscerlo, scambiandolo con il giardiniere, e solo quando Gesù la chiama per nome lo riconosce senza alcun dubbio. Diversa, e molto suggestiva, è la vicenda dei due discepoli di Emmaus, che la Chiesa pone oggi alla nostra attenzione.
Ancora una volta ci troviamo di fronte a dei comportamenti strani, almeno per noi che li guardiamo a distanza di due mila anni e siamo ben a conoscenza della risurrezione di Gesù. Ma mi incuriosisce il fatto che questi due, uno dei quali viene identificato come Cleofa, decidono di lasciare il gruppo degli amici, con cui si trovavano quella mattina, il primo giorno dopo il sabato, proprio mentre si verificano delle vicende fuori del comune che avrebbero dovuto trattenerli ancora a Gerusalemme. Lo raccontano loro stessi, mentre parlano con quello sconosciuto che si è accompagnato con loro lungo la via che li conduce ad Emmaus. Essi dicono che le donne erano andate al sepolcro ed avevano trovato la tomba vuota e che avevano avuto una visione di angeli che affermavano che Gesù era risorto. In seguito a questo alcuni dei loro amici erano corsi alla tomba ed avevano trovato tutto per come le donne avevano riferito. Fino al momento che essi erano rimasti a Gerusalemme, nessuno aveva ancora visto Gesù. Le vicende degli ultimi giorni li avevano scoraggiati ed avevano fatto pensare loro che non valeva più la pena stare a guardare al passato. La vicenda con Gesù era stata una cocente delusione. Era meglio chiudere.
Così, senza voler sentire altre ragioni, abbandonano la comunità e pensano di tornare al loro villaggio per riprendere la vita di prima. La vicenda di Gesù era solo un ricordo, ancora molto vivo e doloroso, ma ormai non c’era più niente da sperare: Gesù non c’era più. Durante il viaggio non possono fare a meno di parlare di quello che li affligge maggiormente. Avevano creduto in Gesù di Nazaret. Avevano impegnato la loro vita per la sua causa. Fanno fatica ad accettare che tutto sia finito così miseramente. Il loro cuore è legato ancora a Gesù, ma la loro mente suggerisce che è più saggio chiudere quel capitolo della loro vita, stupendo, ma conclusosi amaramente. E mentre sono immersi nei loro ricordi dolorosi ecco che un viandante si avvicina a loro e si unisce alla loro conversazione, chiedendo il motivo che li faceva apparire così sconvolti ed amareggiati. Sembra proprio che non desiderano altro che sfogare con qualcuno la loro delusione. Cominciano quindi a narrare a questo sconosciuto la loro storia, ma sopratutto parlano di Gesù, di come aveva preso la loro vita, di come l’aveva acceso di speranze e di grandi ideali. Parlano di Gesù con grande passione ed ammirazione, ma anche con grande sofferenza.
Come entrando in sintonia con essi, quel viandante comincia a ripercorrere insieme con loro la storia del rapporto di Dio con il suo popolo e soprattutto a rievocare tutto quello che nelle scritture riguardava il Messia, il Cristo, a partire da Mosè, dai profeti e dai salmi. Li aiuta così a comprendere che tutte quelle cose si erano realizzate in Gesù, e quindi non solo le cose dolorose che essi conoscevano, ma anche la sua risurrezione era stata annunciata nelle scritture. I due sembra che siano affascinati da questa rievocazione così viva, tanto da accettare tranquillamente il rimprovero dello straniero: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti!». Quando giungono al villaggio ed il forestiero mostra di voler proseguire per la sua strada, essi non vogliono separarsi da lui e così lo invitano con insistenza a farmarsi con loro, tanto ormai sta per far sera. Quello accetta di buon grado e si ferma a casa loro. Quindi si mettono a cena. E qui avviene qualcosa di straordinario, pur nel rito ordinario che viene seguito. All’ospite è dato il compito di spezzare il pane. Così quel viandante prende in mano il pane e compie quei gesti che sembravano normalissimi, ma che fanno scattare improvvisamente qualcosa nell’animo dei due discepoli. Sono gli stessi gesti compiuti da Gesù nell’ultima sua cena, con la stessa sequenza, e questo diventa per loro come una folgorazione. I loro occhi si aprono e riconoscono Gesù.
Nel momento in cui lo riconoscono egli scompare dalla loro vista. Ma nel loro cuore subentra una certezza incrollabile ed una gioia che non possono trattenere. Senza indugio si mettono di nuovo in cammino per tornare a Gerusalemme, per portare agli amici la bella notizia che hanno appena scoperto. Non avvertono più la stanchezza, il tempo del viaggio si accorcia e si trovano ben presto davanti a tutti gli altri discepoli. Anche qui la scena è del tutto cambiata. Non più facce impaurite, non più volti tristi e abbattuti, ma volti radiosi e pieni di gioia perché l’incredibile si è fatto certezza: Gesù è risorto, è risorto davvero! Il loro grido adesso è il nostro stesso grido. Non possiamo abituarci alla resurrezione, perché essa esige una continua novità di cuore e di spirito da parte nostra. Ci vengono date delle valide indicazioni, per vivere questo mistero e quindi la presenza del risorto in mezzo a noi: l’ascolto attento della sua Parola che scalda il cuore, lo spezzare il pane che colma e tiene vivo il desiderio di Lui, l’esigenza della comunità che condivide la stessa fede, e la certezza che, anche se non lo vediamo, egli cammina insieme con noi e non ci lascia mai soli.
Giuseppe Licciardi (Padre Pino)