«GESÚ FU CONDOTTO DALLO SPIRITO NEL DESERTO»
(Gen 2,7-9; 3,1-7; Sal 50; Rm 5,12-19; Mt 4,1-11)
Davvero benedetto il tempo di Quaresima, che serve da svegliarino, per aiutarci a non cadere nella routine dell’ordinario e dello scontato, che rischia di appiattire tutto e di non farci rendere conto della bellezza di ogni momento e delle opportunità che esso porta con sé. Non possiamo abbandonarci alla logica del proverbio siciliano che ci suggerisce: “sera e mattina, ed è lo stesso giorno!”, come se non dovessimo aspettarci niente di nuovo dalla vita. La Quaresima allora ci invita ad aprire gli occhi, affinare l’udito ed allertare il cuore per scorgere i segni che costantemente Dio pone sul nostro cammino, a non andare avanti con l’atteggiamento fatalistico di chi ha perso il gusto della vita e quindi si deve arrangiare da sé per rendere interessante e degna di essere vissuta questa esistenza. Indolenza e disimpegno, mancanza di amore e di fiducia, disattenzione e noncuranza rendono il cuore dell’uomo sempre meno sensibile alla voce di Dio e fanno nascere in lui sensi di scontento, di delusione e di ribellione. Allora, benedetta la Quaresima che ci scuote dal torpore e ci invita a prendere in mano la nostra vita per darle la giusta direzione e riorientarla verso Dio. Essa non è una data del calendario che ricorre inevitabilmente, ma è una stagione feconda del cuore e della vita, intesa come sequela di Gesù.
Se ci mettiamo nella prospettiva di Matteo, da cui leggiamo quest’anno il brano delle tentazioni di Gesù nel deserto, dobbiamo tenere presente che Gesù ripercorre le tappe del popolo d’Israele, popolo/figlio eletto di Dio, che, liberato dalla schiavitù di Egitto, viene condotto nel deserto, per imparare a conoscere il Dio che lo aveva liberato e così diventare realmente il popolo di Dio, amandolo e scegliendolo a sua volta. Nel deserto, cammino di incontro e di prova, di aridità e di stenti, il popolo mormora contro Dio, non si fida del suo Dio e si ribella a Lui, non obbedendo più alla sua parola. Ma anche nel giardino dell’Eden, dove non manca nulla ed ogni sorta di bene è messo a disposizione dell’uomo e della donna, Adamo ed Eva non seppero sfuggire alla seduzione del tentatore e cominciarono nel loro cuore a dubitare della bontà di Dio. Essi finirono col sentirlo come antagonista, come colui che impediva ad essi di vivere la loro vita in pienezza, così vollero diventare come Dio, “avendo la conoscenza del bene e del male”. Non si fidarono di Dio. Nel deserto Gesù viene condotto dallo Spirito per essere tentato, così come ogni uomo viene tentato, ma pur trovandosi a patire la fame e la sete per quaranta giorni, non ha mai smesso un istante di fidarsi della Parola del Padre, che è suo cibo e sua bevanda.
Ripercorrendo brevemente le tentazioni, non ci può sfuggire la premessa che per ben due volte il tentatore usa per invogliare Gesù: “Se sei Figlio di Dio…”. Tutto il gioco sta quindi nel mettere alla luce la vera identità di Gesù. Il diavolo, che per sua natura è colui che mette divisione dove c’è unione e concordia, vuole separare Gesù dal Padre, e quindi gli suggerisce delle vie per mostrare che Egli è veramente il figlio di Dio. Subdolamente egli pensa che Gesù non intuisca la trappola, per cui dovrebbe dimostrare di essere figlio di Dio agendo però non come vuole Dio, ma come vorrebbe insinuare il tentatore. Gesù non ha alcuna esitazione. Quei quaranta giorni e notti di digiuno, se hanno fiaccato le energie del suo corpo, non hanno però oscurato il suo sguardo, che proprio in tutto questo tempo si è allenato ad ascoltare il Padre e a discernere tra mille la sua inconfondibile voce. Così non ha alcuna esitazione a rispondere, usando proprio una parola della Scrittura, per indicare con chiarezza quale voce Egli è sempre pronto ad ascoltare, quella del Padre. Gesù dimostra così di essere vero Figlio di Dio perché riconosce ed ascolta la voce del Padre.
Le tentazioni di Gesù rispondono ad una sola logica, quella di sconfessare il mistero della sua Incarnazione, dell’avere cioè scelto di essere uno di noi, sottoposto alle debolezze ed alle prove di ogni essere umano, ad eccezione del peccato. Conosce la prova e nella sua vita viene posto continuamente in tentazione, da parte dei discepoli, da parte degli scribi e dei farisei, dei capi del popolo e dei sacerdoti, persino mentre si trova sulla croce. Ma il suo sguardo è sempre fisso sulla volontà del Padre suo, che Egli è venuto a compiere per intero, senza sconti. Fin dall’inizio della sua missione, parlando a tu per tu con Giovanni il Battista, gli aveva detto, per entrambi, “conviene che compiamo ogni giustizia”. Ai discepoli, non una volta soltanto, ma ripetutamente ribadiva che Egli era venuto a compiere la volontà del Padre suo e che anzi questa era il suo cibo quotidiano, di cui non poteva fare a meno. Il tentatore invece gli propone le scorciatoie. Se ha fame e sete, perché non utilizzare a proprio vantaggio il potere di compiere miracoli? Chi avrebbe danneggiato? Ma Gesù non è venuto per fare il suo interesse personale, bensì per dare la sua vita a favore degli altri, e se dei miracoli ha compiuto, lo ha fatto per rendere visibile la bontà e la misericordia del Padre, pieno di tenerezza verso i suoi figli.
Alla stessa maniera Gesù rifiuta di presentarsi come il Messia, lasciandosi cadere dal pinnacolo del tempio e scendere incolume sulle braccia degli Angeli. Gli eventi spettacolari possono impressionare al momento, magari essere ricordati per un poco, ma ci vuole ben altro per convincere il cuore dell’uomo e provocare la sua fede. La fede si decide in un atto di amore e Gesù mostra il suo amore proprio camminando vicino agli uomini e alle donne del suo tempo, condividendone difficoltà e sofferenze, consolandoli con la forza della sua parola di vita e ravvivando la loro speranza nell’avvento del Regno. Satana pretende di avere in mano i regni di questo mondo e le volontà degli uomini ed essere pronto a offrirli a Gesù. Quale via più sbrigativa per instaurare il regno di Dio? Gesù avrebbe realizzato il suo obiettivo. Ma a quale prezzo? Prostrandosi dinanzi al diavolo e così riconoscendolo come se fosse dio. Ma Gesù avrebbe rinnegato completamente se stesso ed il Padre suo. Egli infatti è l’unico Dio e solo Lui è degno di adorazione. Solo al Padre Gesù è disposto ad obbedire. Ora basta. Il gioco è durato troppo e Gesù reagisce con forza cacciandolo via: “Vattene, Satana!”. Adesso si vede chi ha autorità e chi è Colui che gli angeli stessi vengono a servire!
Giuseppe Licciardi (Padre Pino)