XIII Domenica T. O. – Anno B –
Vangelo di Marco (5,21-43)
Gesù è seguito dalla folla: è gente comune, semplice. Gente che porta con sé la propria quotidianità fatta di problemi, bisogni, solitudine, dolore e molta sofferenza. Qualcuno è disperato, è un padre come tanti, si chiama Giàiro, la figlia è gravemente ammalata, sta per morire. S’inginocchia ai piedi di Gesù, gli chiede aiuto, lo implora di seguirlo per imporre le mani alla figlia, per guarirla. Qualcuno della folla pensa: “Come si permette questo padre a chiedere al Maestro di seguirlo, che pretesa!” Gesù, invece, non la pensa così. A Lui basta la fede, perché questa oltre alle montagne è capace di muovere il cuore di Dio, di farlo intervenire.
Gesù si mette in cammino con Giàiro, lo segue, resta in silenzio perché capisce il dramma di un padre disperato: Lui segue sempre tutti quelli che lo desiderano, che lo cercano, che gli si affidano.
Qualcuno della famiglia di Giàiro gli va incontro per portare la notizia che nessun padre vorrebbe mai sentire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?» (Mc 5,35.)
Gesù non interrompe il cammino, non ferma la speranza di Giairo, ma affretta il passo insieme a quel padre distrutto dal dolore. La strada verso casa è interminabile, il tempo non scorre, sembra fermo. Sono momenti di assoluta drammaticità, chiunque avrebbe cercato di consolare Giàiro, lo avrebbe sollecitato ad avere forza, a farsi coraggio. Gesù invece no: è compagno di strada silenzioso, accompagna il dolore senza dire nulla. Non consola con parole di conforto, non da pacche sulla spalla, né invita ad avere forza, ma dice: «Non temere, soltanto abbi fede!» (Mc 5,36). La stessa cosa continua a ripetere oggi, ai tanti che perdono persone care.
“Signore come posso avere fede! Perdere una figlia, un figlio è un dolore insopportabile, inumano; è come se mi strappassero la carne viva dal corpo”. Gridano i tanti genitori che quotidianamente vivono il dramma della perdita di un figlio.
Gesù non sta dicendo di cancellare il dolore, quello l’ha provato anche Lui e continua a soffrire sempre con chi è nel dolore. Soffrire, provare dolore per chi non è più, è inevitabile e forse anche necessario. Nessun genitore, figlio, fratello o sorella sono così insensibili da non provare dolore per la perdita di un proprio caro.
“Tu continua ad avere fede” significa: “anche nel dolore più acuto, nel pianto inarrestabile affidati al Signore, trova in Lui consolazione, lascia uno spiraglio nel tuo cuore dolorante, perché è lì che intende stabilirsi Dio. E’ al tuo cuore frantumato dal dolore che Dio vuole parlare per dirti che «la bambina non è morta, ma dorme» (Mc 5,39). Sì, Dio vuole proprio dirti che in Cristo la morte è stata sconfitta, che il pungiglione della morte si è spezzato, che essa non appartiene a Lui. A Lui appartiene la vita e in essa, ogni uomo ne è coinvolto.
«E lo deridevano» (Mc 5,40.)
I presenti prendono in giro Gesù. C’è familiare questa derisione. Credere alla vita eterna è difficile: “E’ una favola per bambini”, “è il bisogno d’immortalità che c’è in ogni uomo”, “un’invenzione dei preti”. A me non importa cosa pensano e dicono gli altri, io credo nella Parola di Dio, nelle sue promesse di vita eterna. Credo in Gesù che ogni giorno, come ha fatto con Giairo, mi accompagna silenzioso per la strada, credo alle sue parole: “Tu continua ad avere fede”.
Credo in Lui che ogni giorno, come ha fatto con la bambina mi dice: «Talità Kum. Bambina alzati» (Mc 5,41).
Riprendi in mano la tua vita, il tuo sorriso, la tua speranza. Credo in Gesù che, ogni istante della vita, mi prende per mano e ripete: “Alzati in piedi, perché la vita vale la pena viverla stando dritti. Alzati in piedi, perché solo così puoi gustare la vita fino in fondo. Alzati ora, perché hai altre persone da fare alzare in piedi”.