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Domenica del Buon Pastore

Domenica del Buon Pastore

«EGLI CHIAMA LE SUE PECORE CIASCUNA PER NOME»
(At 2,14.36-41; Sal 22; 1Pt 2,20b-25; Gv 10,1-10)

            Questa quarta domenica di Pasqua è ormai conosciuta come la domenica del Buon Pastore, per cui viene spontaneo iniziare la riflessione sul Vangelo di questa domenica partendo dal bellissimo salmo 22, uno dei testi più belli e toccanti del salterio, carico di fede profonda e di ardente ed appassionato amore verso Dio. Solo a partire da questa adorante contemplazione del volto di Dio, pastore del suo popolo, ma soprattutto pastore con cui si ha un intimo ed intenso rapporto personale, si può capire meglio cosa intende dire Gesù con le parabole del Pastore e della Porta delle pecore che ricorrono nel 10º capitolo del vangelo di Giovanni. L’aggettivo che noi abitualmente usiamo “buono” in greco è reso da un altro aggettivo che tradotto suona “bello”, cioè che contiene tutte le qualità che lo rendono degno di stima, di apprezzamento e di amore, il pastore modello, quello che tutte le pecore vorrebbero avere. Il salmo infatti inizia con una affermazione a tutto tondo che anticipa e sintetizza tutto quello che poi viene detto verso dopo verso. “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla”. É una affermazione potente, per dire che Dio è in grado di colmare tutti i desideri e le aspettative, è colui che riempie la tua vita, che le da senso pieno.

            Il seguito del salmo ci mostra Dio in azione, mentre si prende cura di ciascuna delle sue pecore, portandole al pascolo e cercando i pascoli più ricchi e salutari, abbeverandole alle fresche acque della fonte o di un ruscello, guidandole con mano sicura per sentieri di ogni tipo, anche quelli più difficili e scoscesi, anche quelli che si presentano più pericolosi, perché, guardando a Lui, ogni paura scompare. Anche di fronte alle belve feroci ci si sente al sicuro, perché Egli è in grado di preservarti e liberarti da ogni insidia o assalto del nemico. Il senso di sicurezza è talmente profondo che il salmista, ed ogni pecorella con lui, si sente inondare il cuore di felicità, una felicità che viene vista di lunghissima durata, senza fine. Questo salmo, che Gesù ripetutamente ha pregato, e soprattutto vissuto, ci fa da sfondo, per comprendere le parole di Gesù, che rispecchia l’agire stesso del Padre.

Dobbiamo inoltre tenere presenti alcuni particolari. Si parla di recinto, di guardiano e di porta. Partiamo dalla vita reale dei pastori di allora, che non erano grandi proprietari di greggi, ma avevano quel numero di pecore o capre necessarie per il bisogno familiare e magari qualcuna in più, otto, dodici, quindici, al massimo venti. Rientrando dal pascolo le pecore venivano portate in un recinto comune ed affidate ad un guardiano di fiducia che li custodiva durante la notte. Per entrare c’era un varco stretto in modo che potesse passare una pecora per volta, così da poterle contare e controllare una per una. Il guardiano si poneva proprio in questo varco,  e quindi lui stesso era la porta. La sua presenza era un deterrente per qualche malintenzionato che volesse entrare e rubare le pecore. I vari pastori ogni mattina, venendo, già da lontano chiamavano le proprie pecore, che essi conoscevano una per una ed esse cominciavano a muoversi verso l’uscita per seguire il proprio pastore.

La prima nota interessante che notiamo è la nota polemica che riguarda i ladri ed i briganti che pretendono di entrare nel recinto per impadronirsi con la prepotenza delle pecore. Gesù allude ai capi del popolo ed ai capi religiosi che non hanno affatto cura del gregge, ma che se ne servono solo per i loro interessi e malaffari e lo sottomettono con la paura e le intimidazioni. Se la gente li segue, è perché ha paura; se la gente tace, è perché teme le loro ritorsioni. Gesù si presenta invece come colui che si è guadagnato la fiducia del gregge, perché lo ama e conosce una per una le sua pecore e le chiama per nome. A loro volta, esse conoscono la sua voce e vanno verso di lui e lo seguono fiduciose. Queste idee sono ripetute due volte, quasi a mettere la distinzione tra quanti si spacciano per veri pastori, ma sono solo dei predoni e dei briganti, e colui che invece è il vero pastore. Egli si pone davanti, per indicare la strada, per guidare il suo gregge  con la sua stessa presenza e la sua parola. Non solo, ma egli non ha alcun interesse personale, ma solo il bene e la vita delle sue pecore, tanto che è disposto a dare la sua stessa vita per esse.

Se fino a questo momento le sue parole suonavano vaghe, Gesù toglie ogni ambiguità e parla apertamente:  «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo». Adesso non ci sono più dubbi, Gesù  ha parlato di se stesso, in contrapposizione a tutti gli altri che pretendevano di comandare sulla vita e le coscienze dei fedeli, abusando della loro autorità e travisando la stessa legge di Mosè. Per questo Gesù li bolla con estrema durezza chiamandoli ladri, assassini e malfattori. Egli non esercita alcuna forma di violenza e di costrizione. Garantisce la salvezza a tutti coloro che avranno fiducia di lui, ma li lascia liberi di entrare e di uscire, perché seguendolo troveranno il loro pascolo sicuro e sano. La frase conclusiva dice tutto: «Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

La voce del pastore continua a risuonare lungo i secoli attraverso coloro che Gesù stesso ha posto quali pastori per il suo gregge. Pietro rivolge alla folla la sua ardente parola che ferisce il cuore degli ascoltatori, perché riconoscono la voce del pastore grande delle loro anime e la seguono con prontezza e disponibilità: “Cosa dobbiamo fare?”. Si pentono dei loro peccati, credono in Cristo Gesù, accogliendolo come Signore e Salvatore e circa tremila di essi vengono battezzati, ricevendo il dono dello Spirito che da la nuova vita. Il mistero dell’incontro con Gesù continua a ripetersi ogni giorno, perché la promessa è per tutti coloro che crederanno in Lui in qualunque tempo e luogo il Signore li chiama, donando loro la vita in abbondanza.

Giuseppe Licciardi (P. Pino)