Che io veda
«Figlio di Davide, abbi pietà di me!»
(Ger 31, 7-9; Sal 125; Eb 5, 1-6; Mc 10, 46-52)
Dopo quasi duemila anni, il grido accorato del cieco di Gerico continua a risuonare nelle voci dei credenti, tanto da essere diventato lo schema base di quella che ormai è chiamata “la preghiera del cuore”. Credo proprio che la scelta fatta dai padri del deserto, maestri di preghiera, abbia le sue profonde ragioni, perché la forza di questa invocazione lascia trasparire l’intensità del desiderio e della fede di questo cieco che sta ai margini della strada, ma che percepisce con chiarezza la presenza di Gesù. L’episodio narrato da Marco si colloca all’inizio della salita verso Gerusalemme, la città cieca che non sa riconoscere in Gesù il Messia, annunciato dai profeti e ora mandato proprio per donare il tempo di grazia e di salvezza a Gerusalemme e a tutto il popolo che lo attende da secoli. La promessa della misericordia di Dio ci viene ricordata dal Profeta Geremia, che annuncia consolazione per il resto di Israele e porta salvezza a quanti sono nella tristezza e nel pianto con particolare attenzione al cieco e allo zoppo.
In confronto con la gente, il cieco Bartiméo, lo riconosce e lo chiama proprio con quel titolo che indica apertamente la sua messianicità, “Figlio di Davide”. Nel rileggere questo delizioso episodio, non possiamo fare a meno di rimanere incantati dalla descrizione dei particolari che Marco ci presenta, anche perché sono di un’eloquenza straordinaria. Uscendo da Gerico, dove era avvenuta la straordinaria e toccante conversione dell’esattore di tasse, Zaccheo, Gesù cammina accompagnato e seguito da una moltitudine di gente che sembra non lo voglia lasciare. Questa gente, anche se affascinata dalla persona di Gesù, sembra di non voler fare caso a quel cieco, che tutti conoscono, il quale, venendo a sapere che sta passando Gesù, non può trattenersi dal chiamarlo, gridando per far sentire la sua voce. Ma questo grido di sofferenza sembra che dia fastidio a quelli che stanno seguendo Gesù e che gli stanno intorno. Essi, anzi, fanno di tutto per farlo stare zitto. Per fortuna, Bartiméo non si lascia convincere. Un’occasione come questa non si sarebbe mai più presentata nella sua vita.
Lui che chiede ai passanti di dargli qualche elemosina per poter mantenersi in vita, come può rifiutare questo dono straordinario che gli si presenta così a portata di mano? Se a tutti i passanti chiede il necessario per vivere, che cosa c’é di strano chiedere a Gesù la cosa che desidera più di ogni altra? No, non può tacere. Non può rassegnarsi a continuare a starsene seduto lungo la strada, quando sta passando colui che può farlo alzare una volta per tutte. Così si mette a gridare ancora più forte. E se anche quelli che seguono Gesù fanno i sordi e continuano a ignorarlo, Gesù invece lo sente, perché ascolta il grido dell’oppresso e dell’umile. Egli è ricco di grazia e di misericordia e non può fare a meno di aprire il suo cuore al misero che lo invoca. Così Gesù stesso, “capace di sentire compassione”, dando una lezione ai discepoli di ieri e di oggi, si ferma, e fa fermare tutta la folla, per dare ascolto al cieco. L’esempio di Gesù rende più attenti gli altri, che si premurano ad andare dal cieco, fargli coraggio e dirgli che Gesù lo chiama e lo vuole incontrare.
In quel momento, Gesù esiste solo per lui: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Il cieco sente la vicinanza e la piena disponibilità di Gesù, sente di essere importante per Lui e non ha alcuna esitazione a rispondere con piena verità: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». Tornare a vedere di nuovo, e non come prima. Ricominciare a vedere, a vedere le cose, la vita e se stesso con la nuova capacità di vedere che Gesù gli da. La prima cosa che il cieco vede é il volto di Gesù, e da questo momento ormai la sua vita é legata indissolubilmente a Lui. La sua nuova vita comincia a partire da Gesù, ed è una cosa meravigliosa. Gesù afferma e riconosce la dignità di questa persona e gli attribuisce tutto il merito: «Va’, la tua fede ti ha salvato». La fede, in fondo, è appunto la capacità di cominciare a vedere la realtà con gli occhi stessi di Gesù. La frase conclusiva di questo episodio del Vangelo ci informa che da quel momento il cieco ricominciò a vedere. Ma la guarigione ricevuta non autorizza Bartiméo a tornarsene a casa, per stare a compiacersi del grande dono ricevuto.
Marco aggiunge subito che egli da quel momento non riusciva a fare a meno di Gesù, tanto che cominciò a seguirlo senza indugio: “e lo seguiva”, ci informa Marco. Per Bartiméo inizia una vita nuova. Il modo come ci viene detto, usando il verbo all’imperfetto, ci fa pensare che ormai la decisione è stata presa una volta per tutte, e che quell’uomo non ha altro scopo nella sua vita, se non seguire Gesù “lungo la via”. Non più fermo ai margini della strada, ma in movimento, alla sequela di Gesù, pronto a narrare a tutti quello che il Signore ha fatto per lui. L’esempio di Bartiméo è un insegnamento straordinario per noi, che pur affermando di credere in Gesù, non ci lasciamo coinvolgere dalla sua parola e dal suo insegnamento, e non lo facciamo diventare Colui che conta più di ogni altro nella nostra vita, tanto da farci decidere di voler vivere per Lui, facendone il centro e la ragione fondamentale della nostra vita. L’esempio di Bartiméo ci dia una nuova spinta ad orientarci in questo senso, e come ha fatto lui, ci spinga a “seguirlo lungo la via”.
Giuseppe Licciardi (P. Pino)