Battesimo del Signore
«TU SEI IL FIGLIO MIO, L’AMATO»
(Is 55,1-11; v. Is 12; 1Gv 5,1-9; Mc 1,7-11)
Il Natale ci ha presentato il mistero dell’Incarnazione del Verbo di Dio che è sceso nell’umiltà e nella miseria della natura umana facendola propria, divenendo uno di noi, grazie all’accoglienza di Maria. Divenendo un figlio d’uomo, Gesù non ha perduto il suo essere Figlio di Dio, come era stato annunciato dall’Angelo, come aveva intuito Elisabetta, mossa dallo Spirito, come avevano proclamato gli angeli ai pastori, come avevano riconosciuto i Magi con la loro adorazione, come l’aveva accolto tra le braccia il vecchio Simeone pieno dello Spirito di Dio, e come infine aveva alluso Gesù dodicenne, ricordando ai genitori che Egli doveva essere nelle cose del Padre Suo. Facendosi uomo ogni distanza tra cielo e terra era stata abolita, e le porte del paradiso si erano ormai dischiuse, proprio perché il Figlio dell’Altissimo si era fatto figlio di Maria, portando in se stesso l’ineffabile gloria del Padre. Quello che per secoli era rimasto racchiuso nel mistero di Dio, torna a rivelarsi nel momento in cui Gesù di Nazaret si reca al fiume Giordano per chiedere di essere battezzato da Giovanni il Battista.
In pochissimi versetti, cinque in tutto, l’evangelista Marco ci rivela la vera identità di Gesù, prima richiamando l’autorevole testimonianza del Battista e quindi la dichiarazione che viene direttamente da Dio, identificando in Gesù il suo diletto Figlio. Appare sulla scena la figura di Giovanni, che con la sua predicazione aveva attirato l’attenzione di tutto il popolo e delle stesse autorità, invitando quanti accorrevano ad ascoltarlo a compiere un gesto di carattere penitenziale, invitando alla conversione del cuore per accogliere l’atteso dei secoli, di cui i profeti avevano annunciato la venuta. Questo gesto consisteva nell’immergersi nelle acque del fiume, come a volervi immergere i propri peccati e rinascere ad una vita degna di Dio. Nello stesso tempo Giovanni annuncia la presenza del Veniente, come egli lo chiama con una espressione profondamente evocativa. Egli dichiara semplicemente che questo Veniente è molto più grande di lui e che è in grado di dare un battesimo non semplicemente di acqua, ma nello Spirito Santo, introducendo gli uomini ad una nuova comunione con Dio.
Dopo questa brevissima premessa, ecco che entra in scena Gesù, che, sceso da Nazaret, viene al Giordano. Marco premette una notazione temporale di grande portata, quando afferma che “in quei giorni, venne Gesù …”. Si tratta di un richiamo straordinario, visto che spesso, gli antichi profeti che annunciavano la venuta del Messia, si esprimevano dicendo proprio “in quei giorni”, cioè, quando giungeranno i giorni del Messia. Adesso quei giorni si sono compiuti e Gesù viene e si mette in fila insieme agli altri per ricevere anche lui il battesimo. Con questo gesto Gesù fa capire che egli non prende le distanze dagli uomini peccatori, ma si fa come uno di loro, entra nelle acque che portano i peccati degli uomini e se ne fa carico, in modo che da innocente si fa peccato per noi, per poter cancellare i nostri peccati, prendendoli su di se, per portarli sopra la croce. Quando Gesù esce fuori dall’acqua, ecco che subito giunge dall’alto la grandiosa testimonianza, fatta di segni espressivi, visibili agli occhi, e di parole, ben udibili con le orecchie.
Uscendo dall’acqua, Gesù vide squarciarsi i cieli. L’accorata invocazione del popolo di Dio, che implorava il ritorno del suo Signore chiedeva proprio questo: “Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi!”. Ora i cieli si sono squarciati, ora Dio è sceso in mezzo al suo popolo, si è lasciato impietosire ed ha ascoltato la sua voce. Ora Dio torna a camminare in mezzo al suo popolo e a fare udire la sua parola. Allo squarciarsi dei cieli si accompagna il discendere dello Spirito Santo di Dio, quasi come una colomba che si posa su Gesù. Questa visione richiama lo Spirito di Dio che nella creazione si libra sulle acque, per indicare che una nuova creazione sta per essere compiuta, che il tempo del diluvio è ormai cessato, e un tempo di pace si annuncia per ogni uomo. Gesù viene per riconciliare noi uomini con il Padre e fare di noi non più i figli della disobbedienza ma della fedeltà e dell’amore. Infine la voce di Dio lo proclama Suo Figlio amato, in cui ha posto il suo compiacimento. Così chi vuole incontrare Dio, ora trova la via in Gesù, chi vuole udire la voce di Dio, ora deve mettersi in ascolto della parola di Gesù.
Inizia così la missione di Gesù. Egli è vissuto a Nazaret, nel nascondimento di una vita normale fatta di lavoro, di preghiera, di rapporti umani, nella fedeltà al quotidiano, senza alcunché di straordinario. É stato uno di noi, in tutto e per tutto. Ha atteso che si compissero i tempi, sempre attento alla voce interiore del Padre, obbediente ai genitori, ma interessato “nelle cose del Padre suo”. Ora che il Padre lo ha apertamente riconosciuto dinanzi agli uomini, Egli comincia a vivere come Figlio di Dio, testimoniando il suo amore dinanzi agli uomini, senza mai tirarsi indietro, senza vergognarsi, senza nascondersi. Anche noi, nel Battesimo, siamo stati riconosciuti e proclamati apertamente figli di Dio. Come viviamo questa profonda identità interiore? Riusciamo a gioire per questo dono che abbiamo ricevuto gratuitamente, per puro amore di Dio, o lo sentiamo come un peso? Nella nostra vita si rispecchia la presenza di Dio, come si rispecchiava in Gesù? Anche a me Dio dice “Tu sei il Figlio mio, l’amato!”. So rispondere come Gesù: “Tutto quello che il Padre vuole, io lo faccio?”.
Giuseppe Licciardi (Padre Pino)