Ascensione del Signore
«MENTRE LI BENEDICEVA, VENIVA PORTATO SU, IN CIELO»
(At 1,1-11; Sal 46; Eb 9,24-28;10,19-23; Lc 24,46-53)
La Chiesa celebra l’Ascensione di Gesù al cielo: un aspetto essenziale del mistero Pasquale. Nell’evento-mistero della Ascensione di Gesù, come lo leggiamo nel Vangelo di Luca e negli Atti degli Apostoli, vogliamo fermarci su alcuni aspetti particolari: la sua glorificazione, l’esaltazione della nostra umanità al cielo e l’inizio della missione della Chiesa.
I sommi sacerdoti, i capi del popolo e i dottori della legge avevano condannato Gesù, chiedendo la sua crocifissione come la punizione meritata da un bestemmiatore e nemico di Dio. Con questo pensavano di essersi liberati definitivamente di Gesù e di averlo ormai infamato agli occhi del popolo. Ma i suoi discepoli, un gruppo di persone semplici e ignoranti, avevano diffuso in Gerusalemme la notizia che Egli era stato risuscitato per la potenza di Dio ed innalzato al cielo. Con questa affermazione, chiaramente, la condanna ricadeva interamente sulle autorità. Esse vengono riconosciute colpevoli di fronte a Dio, mentre Gesù è riconosciuto come il Santo ed il Giusto, nel cui nome viene annunciata la salvezza e il perdono dei peccati.
Il secondo aspetto che vogliamo considerare: salendo al cielo come risorto, Gesù vi entra con la sua umanità glorificata. Per conseguenza, nella sua Ascensione al cielo, l’umanità, un tempo cacciata miseramente fuori dal Paradiso, viene glorificata e portata fino al trono di Dio e diventa una garanzia e una speranza certa per noi, perché là dove è Gesù, saremo un giorno anche noi, secondo il desiderio e la promessa di Gesù stesso.
I discepoli non avrebbero voluto allontanarsi mai da Gesù e non avrebbero voluto che lui andasse lontano da loro. Non avevano ancora capito che con la sua Risurrezione Gesù aveva segnato una nuova fase della sua esistenza e del suo rapporto con essi. La sua presenza non veniva meno, anzi era garantita maggiormente e loro stessi avevano sperimentato che Egli, anche se non sempre era visibile ai loro occhi, tuttavia poteva manifestarsi sempre e dovunque. Bellissima e carica di fine umorismo l’osservazione degli angeli ai discepoli che stanno ancora con gli occhi rivolti in alto: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?». Questo gesto manifesta la difficoltà degli Apostoli a staccarsi dalla presenza fisica di Gesù, ma nello stesso tempo l’esitazione ad assumersi la nuova responsabilità che Gesù aveva loro affidato. In attesa della sua nuova venuta, essi avrebbero dovuto continuare la sua missione: annunciare il vangelo e rendere visibile la sua presenza attraverso la loro stessa vita. L’Ascensione di Gesù rappresenta per i discepoli il passaggio dall’infanzia alla maturità.
Non possono rimanere a guardare verso il cielo, perché Gesù, benedicendoli, li ha rivestiti di un potere straordinario, quello di rappresentarlo, di renderlo presente, di agire nel suo nome senza paura. Se per il momento si devono fermare in città, tuttavia questo non potrà essere per sempre, ma solo fino a quando riceveranno la promessa del Padre: lo Spirito Santo. Gerusalemme è il punto di partenza, la loro destinazione è il mondo intero. Si radunano nel tempio, lodando e glorificando Dio, ma questo serve solo come momento iniziale di preparazione e di carica interiore, perchè ormai il velo del Tempio è stato strappato definitivamente e Dio non assicura più la sua presenza in quel luogo. Gesù è il nuovo tempio, dove Dio rivela la sua presenza. Nello stesso tempo sono i discepoli, è la Chiesa il nuovo tempio, perché “dove sono due o tre riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro”. Gli occhi allora non più rivolti in alto, ma in avanti verso gli orizzonti sconfinati di una umanità bisognosa di salvezza che li attende. In mezzo a questa umanità assetata, affamata, nuda, ingannata, sofferente, senza pace e giustizia e senza amore, i discepoli avrebbero imparato a ritrovare il volto amato del loro Maestro che li precede.
Pino (Giuseppe Licciardi)