Seguire Gesù
«Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso.»
(Ger 20,7-9; Sal 62; Rm 12,1-2; Mt 16,21-27)
Sono cariche d’intensa passione le struggenti espressioni di Geremia, che ci parla dell’inestinguibile fiamma di amore che continua a bruciare dentro di lui. L’esperienza di Dio che egli sta vivendo è così straordinaria, da toccarci anche oggi per la sua vividezza. Egli soffre la tremenda esperienza della lontananza di Dio, del suo silenzio e delle ingiurie e persecuzioni che sopporta a causa Sua. Si tratta dell’oscura notte dello spirito, così insopportabile da spingere il profeta a rompere il suo rapporto con Dio e a farla finita una volta per tutte. Ma nonostante tutte le sofferenze interiori e lo scherno che il profeta è costretto a sopportare per il nome di Dio, la fiamma che arde nel suo intimo non si spegne ed il profeta vive l’angosciosa esperienza di attrazione e di rifiuto, di amore e di cocente frustrazione. Una confessione e testimonianza bellissima questa del profeta Geremia, il quale vorrebbe dire di no a Dio, perché alla fine sono più le sofferenze e le angosce che non le gioie e le consolazioni che riceve, ma nello stesso tempo si rende conto che Dio è entrato così profondamente nella sua vita, da non potere fare più a meno di Lui e continua a cercarlo e a desiderarlo.
Questa esperienza del profeta Geremia annunzia in maniera straordinaria la scelta totale, senza pentimenti e compromessi, che Gesù ha fatto del Padre suo e della sua volontà. Questa scelta lo porta ad essere in contrasto continuo ed irriducibile con la mentalità del mondo che lo circonda. La cosa più sicura é che il mondo non comprende e non accetta la sofferenza, la sconfitta, la contraddizione, la rinuncia al potere, al piacere ad ogni costo ed al successo. Questa contraddizione Gesù la vive anche con i suoi discepoli e persino con i Dodici, i quali, pur avendo scelto Gesù ed essersi messi alla sua sequela, devono ancora imparare come seguire il loro Maestro e compiere un enorme e difficile cammino di conversione. In questa notissima pagina del Vangelo, la conversione è vista e descritta come un passaggio dai modi di pensare e di sentire propri degli uomini a quelli che invece sono i pensieri e i sentimenti di Dio. Questo lavoro interiore comporta un cammino spirituale molto esigente che ogni discepolo è chiamato a compiere, se vuole continuare ad essere fedele alla sequela.
La tentazione in cui incorre Pietro non è propria solo di lui. Egli la vive e la manifesta apertamente, mostrando così di essere molto lontano da quello che Gesù si aspetta da lui. Ma gli altri discepoli non sono diversi da Pietro. Essi la pensano esattamente come lui. Ed anche noi, discepoli di questo tempo, non siamo diversi da loro. Pur riconoscendo Gesù come maestro e Signore, tante volte, di fatto, ci troviamo più facilmente allineati con il modo di fare e di vivere del mondo e di quelli che non hanno fede. Tante volte ci chiediamo in che cosa il comportamento pratico del cristiano si differenzia da quello del non credente. Alla fine il criterio di comportamento è dato dal modo di vivere comune, sostenuto e incoraggiato dai media che danno per scontate certe scelte di vita che non hanno niente a che fare col Vangelo, ma che alla fine sono quelle che vengono seguite. Alla fine prevale il criterio del “così fan tutti”. Non ci sono valori che stanno al di sopra di noi e che possono plasmare ed orientare la nostra vita. I valori alla fine coincidono con il tuo comodo, con la situazione che tu vivi, accompagnata dall’accettazione più o meno tacita dagli altri che si astengono da ogni giudizio, offrendo allo stesso tempo una legittimazione a quel tipo di scelte.
La vita non è vista più in riferimento a Dio, ma solo a se stessi. Solo che il riferimento personale viene facilmente a coincidere con l’accettazione del modo di vivere degli altri, e, “se così fanno gli altri perché non posso farlo anch’io?”. Ognuno così trova la sua facile e comoda giustificazione, senza pensare che a poco a poco la barriera morale di protezione interiore si va scardinando inesorabilmente. Lo scontro fra Gesù e Pietro è molto duro, ed è senza sconti e senza mezzi termini. Pietro non può accettare che Gesù, come Cristo, come Messia, debba andare incontro al rifiuto, al fallimento, alla condanna come persona non gradita alle autorità religiose e condannato a morte. Non è nemmeno pensabile l’idea di un Messia, quindi di uno che agisce in nome e col potere di Dio, che diventi oggetto di ludibrio, di derisione e di condanna. Così è anche per Pietro. La reazione di Gesù è durissima, perché la posta in gioco è molto alta. Ne va di mezzo l’identità del Messia e, quindi, di Gesù stesso.
Se poco prima Gesù lo ha proclamato beato, perché in lui ha parlato lo stesso Dio Padre, adesso, al contrario, non è più Dio che parla in lui, ma è l’avversario, Satana, che sta parlando per mezzo di Pietro. Gesù glielo spiega con estrema fermezza: Simone in questo momento svolge il ruolo di Satana “perché non pensa secondo Dio ma secondo gli uomini”. Allinearsi con i falsi e pretesi valori, che si appoggiano sulla presunta libertà di scelta, diventa la forma di vita più facile e più comoda, perché non ci mette in contrasto con il pensiero corrente che ci domina. Così si finisce con l’accettare tutto in nome della libertà di scelta personale e per quel quieto vivere che trasuda indifferenza nei confronti dei valori: convivenze, matrimoni di fatto, aborti, uso di droga, tradimenti, corruzione, esibizione e sfoggio di potere, tacere e lasciar correre per non compromettersi, e tanto altro ancora. Già l’apostolo Paolo aveva capito che questo rappresentava la forma più insidiosa e devastante di minaccia per i cristiani, per cui li ammoniva: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.” Lo stesso vale per noi.
Giuseppe Licciardi (Padre Pino)