Una questione di “merito”
Introduzione
Al formarsi del nuovo governo Meloni, si sono contestualmente ridefiniti i nomi di alcuni Ministeri. In particolare, il “Ministero dell’Istruzione”, già “Ministero della Pubblica Istruzione”, è diventato “Ministero dell’Istruzione e del Merito”. Ciò non dovrebbe sfuggire ad un attento osservatore, ancor di più ad un “addetto ai lavori” dell’impegno educativo.
In primo luogo, la politica scolastica dovrebbe essere in cima ai pensieri di qualunque cittadino, interessato alla cosa pubblica. Proprio perché pubblica, sconcerta ancora, dopo vari anni, la rimozione della parola “pubblica” dall’intestazione del Ministero.
Come la salute, secondo il dettato costituzionale, l’istruzione nel nostro territorio nazionale dev’essere garantita a tutti, non in relazione a particolari requisiti (di luogo di nascita, di appartenenza di genere, di razza, di politica, di religione). L’istruzione e la salute sono servizi inclusivi per eccellenza. E il Servizio Sanitario Nazionale, istituito nel 1978 dall’allora Ministro della Sanità Tina Anselmi, ha questo pregio fondamentale. Non si chiede documento di riconoscimento o carta assicurativa prima di soccorrere un ammalato con l’ambulanza o di ricoverare un paziente, ma soltanto l’accertamento del bisogno di un essere umano, chiunque esso sia.
Mi inorgoglivo da medico ospedaliero di essere in Italia quando, entrando in una sala di degenza, vedevo un immigrato clandestino nel letto accanto a quello di un professionista. Ben diversamente dalla condizione, ad esempio, degli Stati Uniti d’America, ove l’ambulanza riaccompagna a casa il paziente polifratturato a prendere i documenti assicurativi prima di portarlo in ospedale (cosa che è successa e succede), rifiutando il ricovero al pezzente che viene poi confinato in ospedali di serie B. Fra parentesi, sono sotto gli occhi di tutti i difetti della Sanità italiana e le manchevolezze delle strutture. Ma se il principio della salute “pubblica” rimarrà saldo, si potrà mettere mano con maggiore consapevolezza del bene comune al convogliamento di risorse per il miglioramento e la velocizzazione dei servizi. Altrimenti si percorrerà la più facile strada del “chi più paga più ha servizi”, relegando i poveri ad una ulteriore disastrosa discriminazione.
E i venti delle “Assicurazioni Private” e dell’autonomia regionale nella Sanità aleggiano già minacciosi nelle proposte politiche dell’attuale maggioranza.
Parimenti, l’obbligatorietà e la gratuità dell’Istruzione inferiore, sancite dall’art. 34 della Costituzione, ne configurano di per sé il carattere “pubblico”, e non riservato ad alcuna condizione particolare.
Entriamo nel “merito”
Andiamo adesso alla seconda parte della “dicitura” del Ministero: “… e del Merito”.
Mi sembra estremamente riduttivo parlare in ambito educativo esclusivamente di “merito”. Ma andiamo con ordine.
Ciascuna persona presenta doti naturali, determinate dalla genetica e dalla cosiddetta “eredità di ambiente”. Si possono in vario grado possedere doti naturali per caratteristiche del proprio DNA, oppure per aver vissuto, fin dalla prima infanzia, in un ambiente familiare, scolastico, sociale più o meno
“stimolante”.
Su questa base si lega il “merito”, cioè la possibilità di avvalersi delle doti naturali come strumento per raggiungere risultati in ordine all’apprendimento e alla fruizione di determinate capacità intellettuali o tecnico-manuali.
Questa possibilità è strettamente connessa anche alla volontà di conoscere e sviluppare le proprie doti, ma anche di superare gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo delle stesse.
A ciò si aggancia il dettato costituzionale che nell’art. 34 recita: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. I Padri Costituenti evidentemente si riferivano a coloro che, impossibilitati per motivi economici alla prosecuzione di studi superiori, potevano avvalersi di “borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per
concorso.” (ibidem).
Mi sembra, e penso di non essere il solo, che invece la sottolineatura del merito nella dizione “Ministero e del Merito” abbia, almeno fra le righe, in maniera subliminare, un significato opposto: quello di favorire soltanto le cosiddette “eccellenze”, che, per carità, possono essere presenti anche in
ambiti familiari con difficoltà economiche, ma che pur sempre assumono un carattere di “esclusività”.
Il merito cioè, che visto secondo la concezione liberista tipica degli Stati Uniti d’America dell’avvalersi di opportunità” per emergere sugli altri, per “fare a gomitate” per superarli, favorisce una scuola che privilegia la competitività piuttosto che l’inserimento in una comunità di persone originali e
complementari.
L’eccellenza è sì da perseguire, perché l’uomo è spinto per sua natura a superare se stesso, ma ciò non deve costituire un motivo di divisione, di esclusione, di distacco, bensì di socializzazione, di inclusione, di servizio reciproco.
“E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana…”(ibidem, art. 3).
Scoprire doti e sviluppare meriti in ciascuna persona, senza eccezioni, cioè, dev’essere il costante obiettivo di una vera “istruzione pubblica”. Senza dimenticare che l’eccellenza non è un diritto, ma una conquista, e che lo studio e il lavoro non devono essere riservati solamente a chi eccelle: sono un diritto costituzionale di tutti.
Merito e Talento
Il merito, insomma, deve essere aiutato a diventare “talento”, nel senso evangelico del termine. Talento da spendere, per la crescita propria ma anche della comunità di cui si fa parte.
E una politica che releghi il merito all’acquisizione di privilegi non è una buona politica. Una buona politica è quella che stimoli alla scoperta delle doti, allo sviluppo del merito, ma anche alla “spesa” dei talenti, preferibilmente nella comunità di appartenenza, in cui si è nati e si vive. Tutto ciò per non creare sperequazioni in senso “trasversale”, fra le persone e le comunità, e “longitudinale”, fra il Nord e il Sud del Paese.
L’istruzione, in fondo, deve diventare “educazione”, non solo personale, ma anche sociale.
Il ragazzo “capace e meritevole” è quello che, tenendo conto della propria condizione di partenza e rimuovendo con l’aiuto dello Stato gli ostacoli che ne condizionano la crescita, si sviluppa personalmente condividendo le sue doti e i suoi meriti, e che si guarda attorno per farli “fruttare” come talenti per sé e per gli altri.
Il Ministero di cui sopra, per avere una visione completa, dovrebbe diventare “Ministero della Ricerca (delle doti), dello Sviluppo (dei meriti) e della Economia (dei talenti).
La sua carta sarebbe invasa dall’intestazione, che permetterebbe anche di avere meno spazio per le circolari inutili.
In alternativa , “Ministero per l’Impegno Educativo Globale” sarebbe anche qualcosa che l’avvicina alla nostra visione cristiana della realtà: visione cristiana che non si deve limitare all’individuare macroscopici attentati alla vita e alla crescita delle persone, ma anche allo scorgere tendenze che possono risultare pericolose nella progettazione di una società futura.
Domenico Sinagra