(Matteo Scirè) Primo sì del Parlamento al disegno di legge sul cyberbullismo.
Ieri sera (20 giugno 2015) l’Aula del Senato ha approvato a larga maggioranza un testo che introduce misure di contrasto ai casi di bullismo, consumato attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, e di tutela delle vittime.
In particolare il provvedimento prevede una tutela rafforzata nei confronti del minore con l’adozione di provvedimenti inibitori e prescrittivi da parte del Garante per la protezione dei dati personali, un tavolo tecnico e l’adozione, da parte del Ministero dell’Istruzione, di linee di orientamento per affrontare il cyberbullismo nelle scuole.
Alla scuola viene affidato una funzione fondamentale, ovvero quella di promuovere il ruolo attivo degli studenti nella prevenzione e nel contrasto al fenomeno, nonché la realizzazione di attività per la promozione della legalità e per un uso consapevole della rete.
Sul piano repressivo, invece, vengono introdotte misure di sostegno all’attività svolta dalla Polizia postale, nonché l’istituto dell’ammonimento verbale nei confronti del minore ultraquattordicenne responsabile di atti di cyberbullismo.
Sono questi i punti principali su cui hanno lavorato le Commissioni del Senato e i principali soggetti istituzionali e del terzo settore impegnati a livello nazionale sul tema in questione, per reprimere un fenomeno, purtroppo, sempre più diffuso.
Dai dati di una ricerca condotta da Ipsos per Save The Children emerge che il 23% dei minori passa dalle 5 alle 10 ore al giorno su internet, spesso da dispositivi mobili e senza la supervisione dei genitori.
I Cyberbulli, secondo l’identikit tracciato dalla Polizia postale, hanno un’età compresa tra i 10 e i 16 anni, una competenza informatica superiore alla media e soprattutto una totale inconsapevolezza delle conseguenze che i loro comportamenti possono avere sulle vittime e su se stessi. La facilità di accesso alla rete e la possibilità di nascondersi dietro l’anonimato favorisce nell’adolescente l’assunzione di comportamenti digitali rischiosi, come ad esempio la pubblicazione di immagini erotiche, a sfondo sessuale, oppure di video di minori derisi o ancora peggio aggrediti fisicamente.
Nella maggior parte dei casi gli autori rimangono impuniti perché le vittime non denunciano, per paura di ritorsioni o per la vergogna. Come per i fatti di bullismo classico accade spesso che le vittime siano prese di mira e sottoposte ad una vera e propria persecuzione, con la differenza che i fatti di cyberbullismo non hanno confini spazio-temporali.
L’attuale normativa e le iniziative pilota portate avanti in questi anni da vari enti ed istituzioni non bastano ad affrontare un fenomeno così complesso e difficile. Servono regole specifiche, ma soprattutto una pianificazione ed un coordinamento delle attività di educazione e di formazione che agiscano sul piano delle prevenzione. Ecco perché il ddl fa leva più sull’aspetto educativo che su quello repressivo.