Del fenomeno Blue Whale, il gioco psicologico che spinge i giovani a compiere atti di autolesionismo fino al suicidio, se ne parla ormai da tempo. Che sia vero o meno poco importa. Come accade spesso per le bufale che circolano in rete, la notizia rischia di produrre effetti drammatici nella vita reale delle persone. Per questo la Polizia di Stato ha intensificato gli appelli in internet pubblicando una serie di consigli e raccomandazioni rivolti ai ragazzi e alle famiglie. Per gli agenti parlare con loro e conoscere le loro abitudini è la migliore arma di prevenzione per evitare che finiscano intrappolati nella “rete del male”.
La novità è arrivata alcuni mesi fa dalla Russia, dove il gioco è nato e dove sono state accertate 157 vittime. Molti sono i particolari privi di riscontri. Nel frattempo la notizia ha invaso tutte le pagine dei giornali online e cartacei, le trasmissioni di approfondimento radiofoniche e quelle televisive, tra cui il popolare programma di Mediaset “Le Iene”.
Del Blue Whale adesso si sa tutto. A partire dal nome, che deriva dallo spiaggiamento delle balenottere azzurre. Un comportamento suicida che gli scienziati non riescono a comprendere. Come le balene i giocatori condividono la stessa sorte.
Secondo le ricostruzioni più attendibili la vittima viene adescata con un messaggio sullo smartphone o via social network da una sorta di mentore, che la sfida ad affrontare delle prove di coraggio. Un percorso articolato in 50 livelli per il superamento dei quali al giocatore viene chiesto di compiere atti di autolesionismo, tatuarsi l’immagine di una balena sul corpo, guardare video horror e psichedelici. Un circolo perverso che li fa cadere in breve tempo nella spirale della depressione. L’ultima prova consiste nel salire sul palazzo più alto della propria città e gettarsi nel vuoto.
Blue Whale è stato lanciato da un gruppo sul social network russo Vk. L’ideatore è Philipp Budeikin, un 22enne studente di psicologia di una cittadina in provincia di Mosca. Arrestato dalle forze dell’ordine Budeikin non ha mostrato nessun pentimento: “ci sono le persone e gli scarti biologici. Io selezionavo gli scarti biologici, quelli più facilmente manipolabili, che avrebbero fatto solo danni a loro stessi e alla società. Li ho spinti al suicidio per purificare la nostra società” ha detto. “Ho fatto morire quelle adolescenti, ma erano felici di farlo. Per la prima volta avevo dato loro tutto quello che non avevano avuto nelle loro vite: calore, comprensione, importanza”.
Agli inizi di marzo di quest’anno un adolescente si è gettato dal terrazzo del palazzo più alto di Livorno. Blue Whale è arrivato in Italia? Tutto farebbe pensare di sì. dalla scelta del luogo, all’orario, al racconto di alcuni amici sui comportamenti assunti dalla vittima nel periodo precedente alla tragedia. La notizia si diffonde rapidamente sul web e sui media nazionali. A nulla è servita la smentita degli inquirenti che hanno indagato sull’accaduto, secondo cui la tragedia sarebbe la conseguenza di “un dramma privato, legato a motivi esclusivamente familiari”. Il suicidio del giovane livornese riaccende i riflettori sul gioco. Una notizia data senza le verifiche del caso rischia così di creare panico, alimentare la curiosità dei ragazzi più fragili e le intenzioni di persone senza scrupoli.
Proprio ieri il procuratore del Tribunale per i minorenni di Milano, Ciro Cascone, in un’intervista al Corriere, ha denunciato la proliferazione di siti creati ad hoc da soggetti che si travestono da carnefici e riproducono quanto letto sul web.
Ecco perchè l’informazione è chiamata ad un grande esercizio di responsabilità, mentre allo stesso tempo si ravvisa la necessità di un forte investimento educativo, a scuola ed in famiglia, per rafforzare il rapporto giovani-adulti e fornire ai ragazzi le competenze necessarie per un uso consapevole dei nuovi media.
Matteo Scirè