– Piazza San Pietro –
La Famiglia – 14. Le tre parole
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
La catechesi di oggi è come la porta d’ingresso di una serie di riflessioni sulla vita della famiglia, la sua vita reale, con i suoi tempi e i suoi avvenimenti. Su questa porta d’ingresso sono scritte tre parole, che ho già utilizzato diverse volte. E queste parole sono: “permesso?”, “grazie”, “scusa”. Infatti queste parole aprono la strada per vivere bene nella famiglia, per vivere in pace. Sono parole semplici, ma non così semplici da mettere in pratica! Racchiudono una grande forza: la forza di custodire la casa, anche attraverso mille difficoltà e prove; invece la loro mancanza, a poco a poco apre delle crepe che possono farla persino crollare.
Noi le intendiamo normalmente come le parole della “buona educazione”. Va bene, una persona ben educata chiede permesso, dice grazie o si scusa se sbaglia. Va bene, la buona educazione è molto importante. Un grande vescovo, san Francesco di Sales, soleva dire che “la buona educazione è già mezza santità”. Però, attenzione, nella storia abbiamo conosciuto anche un formalismo delle buone maniere che può diventare maschera che nasconde l’aridità dell’animo e il disinteresse per l’altro. Si usa dire: “Dietro tante buone maniere si nascondono cattive abitudini”. Nemmeno la religione è al riparo da questo rischio, che fa scivolare l’osservanza formale nella mondanità spirituale. Il diavolo che tenta Gesù sfoggia buone maniere e cita le Sacre Scritture, sembra un teologo! Il suo stile appare corretto, ma il suo intento è quello di sviare dalla verità dell’amore di Dio. Noi invece intendiamo la buona educazione nei suoi termini autentici, dove lo stile dei buoni rapporti è saldamente radicato nell’amore del bene e nel rispetto dell’altro. La famiglia vive di questa finezza del voler bene.
La prima parola è “permesso?”. Quando ci preoccupiamo di chiedere gentilmente anche quello che magari pensiamo di poter pretendere, noi poniamo un vero presidio per lo spirito della convivenza matrimoniale e famigliare. Entrare nella vita dell’altro, anche quando fa parte della nostra vita, chiede la delicatezza di un atteggiamento non invasivo, che rinnova la fiducia e il rispetto. La confidenza, insomma, non autorizza a dare tutto per scontato. E l’amore, quanto più è intimo e profondo, tanto più esige il rispetto della libertà e la capacità di attendere che l’altro apra la porta del suo cuore. A questo proposito ricordiamo quella parola di Gesù nel libro dell’Apocalisse: «Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3,20). Anche il Signore chiede il permesso per entrare! Non dimentichiamolo. Prima di fare una cosa in famiglia: “Permesso, posso farlo? Ti piace che io faccia così?”. Quel linguaggio educato e pieno d’amore. E questo fa tanto bene alle famiglie.
La seconda parola è “grazie”. Certe volte viene da pensare che stiamo diventando una civiltà delle cattive maniere e delle cattive parole, come se fossero un segno di emancipazione. Le sentiamo dire tante volte anche pubblicamente. La gentilezza e la capacità di ringraziare vengono viste come un segno di debolezza, a volte suscitano addirittura diffidenza. Questa tendenza va contrastata nel grembo stesso della famiglia. Dobbiamo diventare intransigenti sull’educazione alla gratitudine, alla riconoscenza: la dignità della persona e la giustizia sociale passano entrambe da qui. Se la vita famigliare trascura questo stile, anche la vita sociale lo perderà. La gratitudine, poi, per un credente, è nel cuore stesso della fede: un cristiano che non sa ringraziare è uno che ha dimenticato la lingua di Dio. Sentite bene: un cristiano che non sa ringraziare è uno che ha dimenticato la lingua di Dio. Ricordiamo la domanda di Gesù, quando guarì dieci lebbrosi e solo uno di loro tornò a ringraziare (cfr Lc 17,18). Una volta ho sentito dire da una persona anziana, molto saggia, molto buona, semplice, ma con quella saggezza della pietà, della vita: “La gratitudine è una pianta che cresce soltanto nella terra delle anime nobili”. Quella nobiltà dell’anima, quella grazia di Dio nell’anima ci spinge a dire grazie, alla gratitudine. È il fiore di un’anima nobile. È una bella cosa questa!
La terza parola è “scusa”. Parola difficile, certo, eppure così necessaria. Quando manca, piccole crepe si allargano – anche senza volerlo – fino a diventare fossati profondi. Non per nulla nella preghiera insegnata da Gesù, il “Padre nostro”, che riassume tutte le domande essenziali per la nostra vita, troviamo questa espressione: «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12). Riconoscere di aver mancato, ed essere desiderosi di restituire ciò che si è tolto – rispetto, sincerità, amore – rende degni del perdono. E così si ferma l’infezione. Se non siamo capaci di scusarci, vuol dire che neppure siamo capaci di perdonare. Nella casa dove non ci si chiede scusa incomincia a mancare l’aria, le acque diventano stagnanti. Tante ferite degli affetti, tante lacerazioni nelle famiglie incominciano con la perdita di questa parola preziosa: “Scusami”. Nella vita matrimoniale si litiga, a volte anche “volano i piatti”, ma vi do un consiglio: mai finire la giornata senza fare la pace! Sentite bene: avete litigato moglie e marito? Figli con i genitori? Avete litigato forte? Non va bene, ma non è il vero problema. Il problema è che questo sentimento sia presente il giorno dopo. Per questo, se avete litigato, mai finire la giornata senza fare la pace in famiglia. E come devo fare la pace? Mettermi in ginocchio? No! Soltanto un piccolo gesto, una cosina così, e l’armonia familiare torna. Basta una carezza! Senza parole. Ma mai finire la giornata in famiglia senza fare la pace! Capito questo? Non è facile, ma si deve fare. E con questo la vita sarà più bella.
Queste tre parole-chiave della famiglia sono parole semplici, e forse in un primo momento ci fanno sorridere. Ma quando le dimentichiamo, non c’è più niente da ridere, vero? La nostra educazione, forse, le trascura troppo. Il Signore ci aiuti a rimetterle al giusto posto, nel nostro cuore, nella nostra casa, e anche nella nostra convivenza civile.
E adesso vi invito a ripetere tutti insieme queste tre parole: “permesso”, “grazie”, “scusa”. Tutti insieme: (piazza) “permesso”, “grazie”, “scusa”. Sono le parole per entrare proprio nell’amore della famiglia, perché la famiglia vada rimanga. Poi ripetiamo quel consiglio che ho dato, tutti insieme: Mai finire la giornata senza fare la pace. Tutti: (piazza): Mai finire la giornata senza fare la pace. Grazie.
Saluti:
Je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones, venus de France et d’autres pays. Je salue particulièrement les membres del’Entraide missionnaire internationale. Chers amis, j’encourage vivement votre service des Congrégations et des Diocèses pour faciliter l’accès de leurs membres aux soins de santé et favoriser ainsi leur dévouement à la mission. Je demande au Seigneur de faire grandir chez tous le souci de l’annonce de la joie de l’Évangile. Que Dieu vous bénisse !
[Sono lieto di accogliere i pellegrini di lingua francese, venuti dalla Francia e da altri paesi. Saluto particolarmente i membri dell’Entraide missionnaire internationale. Cari amici, incoraggio vivamente il vostro servizio alle Congregazioni e alle Diocesi per facilitare l’accesso dei loro membri all’assistenza sanitaria e favorire anche la loro dedizione alla missione. Chiedo al Signore di far accrescere in tutti il compito dell’annuncio della gioia del Vangelo. Che Dio vi benedica!]
I offer an affectionate greeting to all the English-speaking pilgrims and visitors present at today’s Audience, including those from England, Sweden, Taiwan, Cameroon and the United States. May Jesus Christ strengthen you and your families in faith, so that you may be a sign to the world of his love and mercy. May God bless you all!
[Saluto cordialmente i pellegrini di lingua inglese presenti a questa Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Svezia, Taiwan, Camerun e Stati Uniti. Gesù Cristo rafforzi nella fede voi e le vostre famiglie, perché possiate essere nel mondo segni del suo amore e della sua misericordia. Dio vi benedica tutti!]
Mit Freude heiße ich die Gläubigen deutscher Sprache willkommen, besonders die Priesteramtskandidaten aus dem überdiözesanen Seminar „Leopoldinum“. Im Marienmonat Mai verbinden wir uns im Gebet zur allerseligsten Jungfrau Maria und vertrauen ihr insbesondere unsere Familien an. Von Herzen segne ich euch.
[Sono lieto di accogliere i fedeli di lingua tedesca, in particolare i candidati al sacerdozio provenienti dal Seminario interdiocesano “Leopoldinum” di Heiligenkreuz. In questo mese mariano di maggio, uniamoci nella preghiera alla Beatissima Vergine Maria affidandole specialmente le nostre famiglie. Di cuore vi benedico.]
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España, México, Honduras, Argentina y otros países latinoamericanos. Que el Señor nos ayude a colocar estas tres palabras en su justo lugar, en nuestro corazón, en nuestra casa, y también en nuestra convivencia civil. Muchas gracias.
Dirijo uma cordial saudação, com votos de graça e paz do Céu, a todos os peregrinos de língua portuguesa, particularmente as várias paróquias e grupos do Brasil. Neste dia de Nossa Senhora de Fátima, convido-vos a multiplicar os gestos diários de veneração e imitação da Mãe de Deus. Confiai-Lhe tudo o que sois, tudo o que tendes; e assim conseguireis ser um instrumento da misericórdia e ternura de Deus para os vossos familiares, vizinhos e amigos. A todos abençoo no Senhor.
[Rivolgo un cordiale saluto, con gli auguri di grazia e pace dal Cielo, a tutti i pellegrini di lingua portoghese, in particolare le diverse parrocchie e i gruppi del Brasile. In questo giorno della Madonna di Fatima, vi invito a moltiplicare i gesti quotidiani di venerazione e imitazione della Madre di Dio. Affidatele tutto ciò che siete, tutto ciò che avete; e così riuscirete ad essere uno strumento della misericordia e della tenerezza di Dio per i vostri familiari, vicini e amici. Tutti benedico nel Signore.]
أُرحّبُ بالحجّاجِ الناطقينَ باللغةِ العربيّة، وخاصةً بالقادمينَ منالشّرق الأوسط. أيّها الإخوةُ والأخواتُ الأعزّاء، العيش معًا هو فنٌّ ومسيرة صبورة جميلة ومدهشة، ولهذه المسيرة قوانينها ويمكن أن نلخّصها بهذه الكلمات الثلاث: أَمِنَ المُمكِن، شكرًا، عذرًا. ليساعدنا الربّ لنعيدها إلى مكانها الصحيح في قلبنا وبيتنا. ليبارككُم الربّ!
[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, vivere insieme è un’arte, un cammino paziente, bello e affascinante, e questo cammino ha delle regole che si possono riassumere in queste tre parole: permesso, grazie e scusa. Il Signore ci aiuti a rimetterle al posto giusto nel nostro cuore e nella nostra casa. Il Signore vi benedica!]
Serdecznie pozdrawiam pielgrzymów polskich, a szczególnie dzieci z Parafii św. Stanisława w Rzymie, które w minioną niedzielę przystąpiły do I Komunii Świętej. Wam kochane dzieci i wszystkim dzieciom w Polsce, które w tym roku przeżywają tę samą uroczystość, życzę, byście zawsze kochały Pana Jezusa, ufały Mu, trwały z Nim w przyjaźni. Niech On was prowadzi i błogosławi wam, waszym rodzicom, katechetom oraz bliskim. W nas wszystkich niech odrodzi przeżycie piękna tego pierwszego spotkania z Nim w Eucharystii. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.
[Saluto cordialmente i pellegrini polacchi, e in modo particolare i bambini della Parrocchia di San Stanislao di Roma, che hanno ricevuto la Prima Comunione domenica scorsa. A voi cari bambini e a tutti i bambini della Polonia che quest’anno ricevono la Prima Comunione, auguro di amare sempre Gesù, fidarsi di Lui, e vivere in amicizia con Lui, affinché Egli stesso vi guidi e benedica voi, i vostri genitori, i catechisti e coloro che vi stanno vicino. In noi tutti si rinnovi il ricordo del Primo incontro con Gesù Eucaristia. Sia lodato Gesù Cristo.]
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Porgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Saluto i sacerdoti del Collegio San Paolo, che tornano nelle rispettive Diocesi al termine degli studi teologici a Roma e le Missionarie della Consolata. Vi esorto a non perdere mai l’entusiasmo dei discepoli missionari e dei testimoni del Risorto. Saluto i partecipanti al Seminario sugli Allenatori promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici; la Società Sportiva Sordomuti di Milano; gli studenti della Fondazione Sorella Natura e della Scuola dell’Infanzia “San Benedetto” di Troia, con il Vescovo Mons. Domenico Cornacchia, in occasione del 50° anniversario di fondazione. Tutti incoraggio a vivere bene il Tempo Pasquale nelle proprie famiglie e negli ambienti di lavoro portando la gioia della Risurrezione.
Un particolare pensiero rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Oggi è la memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Fatima. Cari giovani, imparate a coltivare la devozione alla Madre di Dio, con la recita quotidiana del Rosario; cari ammalati, sentite Maria presente nell’ora della croce e voi, cari sposi novelli, pregatela perché non manchi mai nella vostra casa l’amore e il rispetto reciproco.