di Domenico Sinagra –
L’odierna festività di San Francesco ci pone davanti, come un gigante, quella esile figura di “poverello” a noi tanto cara. Fa riflettere molto, anzitutto, la sua “essenzialità”, il suo essersi spogliato non solo degli orpelli, ma anche di qualcosa che a noi sembra essenziale come i vestiti. Facile risulta la stridente contraddizione con gli apparenti bisogni degli uomini di oggi, che ricercano il superfluo e negano (soprattutto agli altri) l’essenziale.
Un secondo aspetto di Francesco ê il suo rapporto con la natura, considerata anzitutto “creata”. Non si può scindere il rapporto con la natura dalla relazione con il Creatore. Francesco “ecologista ante-litteram” mi sembra sinceramente una forzatura. Egli ricerca nella natura le tracce di Dio, e la considera “sorella minore” dell’uomo, compartecipe della sua vita: natura “in relazione”, dunque, da rispettare e da amare, e tuttavia non “totem “intangibile”, valore assoluto.
Terza riflessione che suscita Francesco è il suo rapporto semplice e fraterno con il prossimo, nella Chiesa e fuori, la sua apertura al “diverso” di razza, lingua e religione.
Un Papa che prende il suo nome suscita nella Chiesa e nel mondo un respiro di speranza, una voglia di nuovo, la ricerca di strade diverse da quelle standardizzate dalla nostra visione sclerotica dell’esistenza. Papa Francesco, cui auguriamo una missione lunga e piena di novità, ci continui a dare coraggio nello spogliare noi stessi, la Chiesa e il mondo dalle sovrastrutture che ci appesantiscono, sulle orme del Santo di Assisi.