“Nel nome di don Pino, diamo voce agli innocenti, a partire da Lampedusa e da Brancaccio”
Lettera aperta dell’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice
«Nella Diocesi di Palermo, così come nel resto della Sicilia e d’Italia, abbiamo celebrato la figura e l’opera di Padre Pino Puglisi, ucciso trent’anni fa dalla mafia a Brancaccio, dove spendeva la propria esistenza accanto ai poveri, sottraendo linfa alla mafia, giorno per giorno, con una splendida opera educativa che gli è costata la vita.
All’indomani delle belle e importanti celebrazioni che ci hanno riscaldato il cuore, incastonate tra la Lettera del Papa e la Dichiarazione del Presidente Sergio Mattarella pubblicata su L’Osservatore Romano, immaginiamo lo sguardo mite e acuto di don Pino che si fissa ancora sulla nostra – sulla sua! – terra, sulla città di Palermo, sul nostro Paese e sull’Europa.
Chiediamoci: a quale periferia dedicherebbe oggi la sua opera, Don Puglisi? Su quale strada sentirebbe l’urgenza di incamminarsi, per andare incontro a chi chiede soltanto di essere accolto senza condizioni e amato per il solo fatto di essere un figlio, un fratello? Contro quale violenta minaccia alla dignità umana leverebbe con forza e con coraggio la sua opera e la sua voce? Lo sappiamo: con la sua azione quotidiana, con la sua passione educativa, Padre Puglisi, “uomo di Dio che ha prediletto i piccoli e gli indifesi” (Francesco, Lettera al Caro Fratello Mons. Corrado Lorefice, 31 luglio 2023), dava voce e consapevolezza alle tante vittime senza voce. Le vittime dei poteri che prevaricano la gente. La Genesi non ci consegna nessuna parola di Abele, il giusto ucciso ingiustamente. Ci ricorda che il suo sangue urla (cfr Gn 4,10). Come urlano le tante vittime innocenti della storia: nel Mediterraneo, a Palermo, in Sicilia.
Dove andrebbe oggi Padre Pino Puglisi? Probabilmente sul molo di Lampedusa. Non rimarrebbe a guardare impotente la morte di chi annega a pochi metri da un approdo, la disperazione di chi vede i propri figli morire alla fine di un viaggio in cui era riposta l’estrema speranza di sopravvivere. Certamente reagirebbe di fronte al disorientamento e alla frustrazione di migliaia di fratelli sopravvissuti sì, al viaggio e alle violenze, ma per essere lasciati senza cibo né acqua. O addirittura respinti, ancora una volta, con cariche e manganellate, per ordine di coloro che hanno deciso di creare la finta emergenza della loro reale disperazione. No! No, carissime, carissimi, Don Pino non resterebbe in silenzio, come uno spettatore passivo e impaurito. La sua mitezza assunta e collocata nella parola di Dio lo ha sempre reso forte, invincibile nell’amore. A Padre Puglisi leviamo il nostro grido: aiutaci tu a far comprendere a tutti le menzogne del potere! Non c’è nessuna invasione in Italia, nessuna emergenza migranti. Nessuna. Ci sono solo migliaia di donne, di uomini, di bambini, strangolati da guerre nefaste, dallo stravolgimento climatico e dallo sfruttamento economico di matrice occidentale, che partono verso l’Europa in cerca di accoglienza, di solidarietà e di lavoro. Essi arrivano sulle nostre coste anche da soli, anche senza l’appoggio criminale dei commercianti di morte e ben al di là dei salvataggi delle ONG, spesso falsamente additate come fattori di spinta alle partenze. I dati di questi giorni lo confermano. Ciò non accade da ieri, ma da più di vent’anni. Non è un fenomeno sorprendente e ingovernabile, bensì un grande fenomeno planetario. Creare un sistema di flussi regolari, mettere in piedi strutture umane e dignitose di prima accoglienza, distribuire i migranti sul territorio nazionale, dare una casa e un lavoro a chi porta il proprio entusiasmo e il proprio contributo a una Europa stanca, a un welfare anemico, è tutt’altro che impossibile per un grande Paese come l’Italia. Basta volerlo. Oh, se i governanti, prima di decidere e di progettare, si confrontassero, Padre Pino, con la tua esistenza a Brancaccio! Non sceglierebbero la via del mantenimento dei flussi irregolari, del finanziamento vergognoso di governi dittatoriali e corrotti in cambio della creazione di campi di concentramento finalizzati al blocco dei flussi, una scelta che grida vendetta al cospetto di Dio. Lo sappiamo: abbiamo dimenticato il tuo impegno, la tua vita donata, le trasformazioni che hai operato. Finora, invece, abbiamo scelto la via del respingimento o della morte in mare di tanti innocenti, dello smantellamento dell’accoglienza, della mancanza di ogni progettualità e di ogni politica di integrazione e di accoglienza.
Nello stesso modo – dobbiamo ammetterlo, caro 3P – abbiamo scelto di lasciare che trent’anni dopo il tuo martirio il potere mafioso e le opportunità offerte dalla malavita continuino ad agire a Palermo e in Sicilia. Ecco, vogliamo chiedere a te, Padre Pino, proprio a te che hai compiuto la tua missione a favore degli scartati, sostenuta da una fede serena in Dio, a te che hai sorriso ai tuoi killer (ma come hai fatto?), a te che hai dato la vita a chi te la toglieva, a te ci rivolgiamo: cosa vedi e come vedi la tua Palermo? Faccela vedere con i tuoi occhi. Tu amavi, ami la tua Palermo e come ognuno che ama vedevi tutte le potenzialità, i sogni, le speranze che albergano nei cuori dei palermitani, in particolare dei giovani. Facci il dono di vedere come dentro ogni uomo, dentro il cuore di chi ti spara, ci spara, c’è un sogno di bontà e di resipiscenza.
Ti chiediamo, Padre Pino, di posare lo sguardo sulla lotta spietata tra il bene e il male che lacera la storia di questa Città. Da una parte la mafia, organizzazione criminale che commercia ancora la morte, con i suoi mille tentacoli economici e politici, tra cui spicca la droga, diventata veleno quotidiano dei nostri ragazzi, spreco della vita e del futuro, e il fuoco che distrugge la bellezza della nostra Conca d’Oro. E dall’altra la speranza, lo sguardo di chi sogna un futuro vivibile e di pienezza, i corpi che vogliono amore, la bellezza della terra, il lavoro onesto, la casa dignitosa, la giustizia che ogni cuore invoca. Padre Pino, svegliaci dalle nostre cecità comode e pigre, fa’ che non diventiamo complici nel silenzio e nell’indifferenza. Padre Pino, tutto il popolo di Palermo vuole ancora una volta rimettersi in cammino, riempire ogni Brancaccio di una Presenza che faccia riesplodere la speranza e il sorriso. Alla sequela di Gesù di Nazareth tu rendi vivente e fecondo il Vangelo perché ci ricordi che i martiri per amore, per giustizia, per la crescita degli uomini sono i veri vincitori: victor quia victima. Le vittime per “un amore più grande” (Gv 15,13) sono sempre i veri vincitori. Sei tu, Padre Pino, siete voi vittime sacrificate dal potere, voi donne e uomini ‘santi’ che praticate la giustizia, siete voi le vere Guide, che noi e i nostri giovani dobbiamo seguire per capire dove sia la vera gioia, quella che dà pienezza al cuore e alle relazioni, dove sia la vera vita, quella che genera “vita in abbondanza” (Gv 10,10) per altri».