di Matteo Scirè –
Secondo i dati diffusi dall’Onu con il Rapporto “Human Development Report”, 85 persone detengono la metà del patrimonio di mezzo mondo, ovvero di 3.5 miliardi di loro simili. 2.2 miliardi di persone vivono in quella che il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite definisce “povertà multidimensionale”, quella povertà relativa a standard di vita molto bassi. Oltre un miliardo di persone vive con meno di un euro al giorno.
Il passaggio all’età contemporanea, la nascita di quella che noi definiamo “società civile”, l’avvento della democrazia (il potere del popolo), la globalizzazione … avrebbero dovuto segnare lo sviluppo di un modello sociale e culturale contrapposto a quello che fino ad allora aveva determinato gli squilibri tra una elite di privilegiati e una moltitudine di disgraziati. Un modello fondato sul riconoscimento formale e sostanziale dei diritti e delle libertà di tutte le persone, in quanto persone, ma che allo stesso tempo avrebbe consentito ai più capaci e meritevoli la possibilità di esprimersi e di affermarsi. Nascere poveri non doveva equivalere ad una condanna ad essere sottomessi e sfruttati, così come nascere ricchi non dava il diritto di sottomettere e sfruttare gli altri.
Eppure questo processo non si è compiuto pienamente. Molte più persone rispetto al passato hanno conosciuto la libertà ed il benessere, ma ancora tanti, troppi, esseri umani ogni giorno vengono mortificati ed umiliati nella loro dignità di uomini, donne e bambini, perchè non hanno le risorse sufficienti per una casa dove abitare, per curarsi o per l’acqua da bere ecc.
Ecco perché la concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi è indicatore di un sistema malato. Un monito etico e morale che non può lasciare indifferenti.
Serve, quindi, una presa di coscienza ed un’assunzione di responsabilità affinchè ognuno faccia la sua parte fino in fondo per combattere le sperequazioni e promuovere, a partire dalla realtà in cui si vive, la solidarietà, l’uguaglianza ed il bene comune.
Matteo Scirè