«Caro Blanco,
ho esitato a lungo prima di scriverti questa lettera “aperta”. Certi atteggiamenti, come quelli che tu hai mostrato stanotte, non dovrebbero meritare alcuna ulteriore amplificazione, alcuna immeritata pubblicità. Ma proprio perché pubblica, non si può far passare sotto silenzio, almeno da parte mia, l’immonda esibizione di violenza gratuita e distruttiva che hai dato, motivata peraltro da una causa di piccola importanza quale è quella di un imprevisto guasto al ritorno di voce in cuffia, e aggravata dalla parola “divertimento” che hai usato per giustificarla.
Hai peraltro pervicacemente insistito a lungo nella tua furia sul palco. Quei fiori, collocati con tanta cura e impegnativa fatica dalle maestranze dell’Ariston ridotti a poltiglia, quei vasi distrutti, quegli addobbi a pezzi la dicono lunga sulla tua considerazione del lavoro altrui.
Assistendo allo spettacolo che hai dato, ho creduto ad un certo punto che fossi in preda di alcool o droga: ma poco importa. Una droga ben più potente ti avviluppava: il tuo incommensurabile “io”, il tuo delirio di onnipotenza nel “possedere” quel palco, per aver raggiunto, con o senza merito non so, un seppur vago successo.
Al danno materiale che hai causato si aggiunge, a mio parere, anche quello morale e “simbolico”. Spero che molti ragazzi e giovani, data l’ora abbastanza tarda (stamattina c’è scuola: ah, la tanto odiata scuola!), non abbiano visto la tua “piazzata”, l’esemplare scempio di qualsiasi valore che tu hai in pochi minuti palesato: il lavoro, la paziente costruzione del proprio avvenire, la solidarietà, mostrando al contrario di poter far tutto, distruggere tutto, poter liberarsi da ogni freno, in un solo momento. Hai indotto i telespettatori a pensare che qualsiasi violenza sia giustificabile, anche per un motivo banale quale è stato il tuo. Non hai pensato alla responsabilità anche “ educativa” (altra parola del tardo neolitico!) che avevi nel mostrare a milioni di giovani il tuo volto migliore, non per ipocrisia, ma per rispetto.
Nè ti ha aiutato a ravvederti Amadeus: “the show must go on”, qualsiasi sia il suo contenuto. Ad un bambino cui cade a terra il pane con la marmellata e distrugge per questo la casa, non glielo si ridà: si manda con una sonora sculacciata nella sua stanza e gli si fa saltare la merenda e la cena: altro che ripetere la canzone! Ad un adulto cui offri il caffè un po’ lento a casa tua e che per questo ti rompe i vasi di casa non dici: “scusa per il caffè, te ne offro uno più ristretto”, ma lo cacci finché non ripari al danno fatto. È quella di ieri sera non era una marachella cui sorridere benevolmente: era una vergognosa esibizione di violenza da reprimere con pari severità.
Che dire? Se vuoi un consiglio, passa qualche notte sveglio non per bighellonare inutilmente, ma per il “rimorso” (vedi che ultima parola desueta!) per il tuo misfatto. Paga i danni economici che hai causato all’organizzazione del festival; avresti dovuto essere tu, per primo, munito di ramazza, a ripulire tutto. Ripara per quanto puoi ai danni morali facendo pubblica ammenda. Non farti vedere per qualche mese, rinunciando ai concerti e ai profitti, e andando, per la “legge del contrappasso”, a costruire. Di guerre e distruzioni ne abbiamo abbastanza, nel mondo. La Turchia e la Siria ti aspettano; oppure qualche comunità alla periferia di Roma. Abbiamo bisogno di “costruttori”, non di bulli da “Arancia meccanica”.
Vai, e non ritornare se non “convertito”.
Con sincera e cordiale, ma spero provvisoria, antipatia
Uno che ha vissuto più di te»
Domenico Sinagra