Proposta Educativa, N° 3/2016
EDUCAZIONE E NEW MEDIA
Prospettive, relazioni e interazioni
(Vincenzo Lumia) «Alcuni paradossi del nostro tempo: nella “società della conoscenza”, in cui la partita dello sviluppo e del benessere di una nazione e dei suoi cittadini si gioca sulle competenze e conoscenze che ciascuno è in grado di mettere in atto e di padroneggiare nei diversi ambiti di vita, registriamo punte elevatissime di analfabetismo di ritorno…. La fonte prima e unica dell’informazione è ormai appannaggio dei new social, dove assistiamo al trionfo delle bufale e la post verità fa da padrona.
Tutti possiamo discettare su tutto, senza avere la benché minima competenza: non studio, non so nulla delle fonti, non comprendo, ma sentenzio, senza alcun timore di sguazzare nel ridicolo. Siamo all’evoluzione delle tre scimmiette: «Non leggo, non capisco, commento».
Certo, è sempre più difficile non dare ragione a Umberto Eco: «I social permettono alle persone di restare in contatto tra loro, ma danno anche diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e ora hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel». Al cogito ergo sum di cartesiana memoria si è sostituito il meno elegante, ma tristemente vero, chatto ergo sum. L’esercizio della decisione e della responsabilità, sempre più si caratterizza come frutto di dinamiche e percorsi che poco o nulla hanno a che fare con la consapevolezza ed il discernimento. Devono molto fare riflettere le analisi e gli studi sui meccanismi psicologici attivati dai social soprattutto tra i nativi digitali e non solo e sul ruolo sempre più determinante che le notizie false, non verificate, messe scientemente e scientificamente in circolo da siti ingannevoli e blog di parte, giocano sui comportamenti, le scelte, le decisioni dei singoli.
Nell’era dei new media, dei social, piuttosto che all’amplificazione della relazione interpersonale e della comunicazione “calda”, assistiamo al trionfo dell’isolamento, della solitudine, della incomunicabilità.
Per non parlare della qualità dei rapporti sociali, caratterizzati ormai da un’elevata dose di aggressività, di violenza verbale e fisica. Non soltanto non fa più impressione l’uso di un linguaggio condito di turpiloquio, offese, ingiurie… anzi, più queste caratteristiche sono presenti più si ha audience e consenso: basti pensare ai programmi televisivi di tutte le reti nei quali esperti, opinionisti, conduttori, ospiti, coniugi, fidanzati, figli, suocere, generi, nuore, condomini si scagliano l’un contro l’altro, armati di insulti di ogni tipo… specchio e, cosa ancor più grave, incentivo e moltiplicatore di quel che accade nella vita reale, per strada, sui mezzi pubblici, in famiglia, nei posti di lavoro.
Sembra essere tornata una gran voglia di partecipazione diretta alla gestione della cosa pubblica, con un limite, però, facilmente riscontrabile: in molti prevale l’idea che basti vestire per qualche oretta al giorno – se non per l’intera giornata – le vesti di Cassandra, di Savonarola, di Solone, di Pico della Mirandola… e sproloquiare su facebook, sparando a zero, somministrando soluzioni condite di frasi fatte e luoghi comuni, postando bufale a quintali, per poter dire a se stessi di aver fatto il proprio dovere verso la società.
Un’altra contraddizione palese sta nel fatto che tale voglia, il più delle volte, per tanta gente, trovi sbocco nell’affidamento fideistico e incondizionato all’uomo forte di turno, al capo, che può dire e fare tutto ed il contrario di tutto, permettersi qualsiasi incoerenza perché non soggetto ad alcun controllo di sincerità, verità, competenza, qualità: basta che sappia parlare alla pancia, ammannire ricettine facili facili di risoluzione di qualunque problema, urlare le parole d’ordine che aggradano alle masse, meglio se condite di improperi e volgarità, indicare il nemico da abbattere e il capro espiatorio su cui scaricare ogni malesseree tutte le paure…
Prevale, ormai, la convinzione che per difendere le proprie opinioni politiche e sociali si debba demonizzare, mancare di rispetto, accusare – spesso falsamente – di tutto il male possibile chi la pensi diversamente.
Le parole d’ordine in voga: “tutti contro tutti”, “tanto peggio tanto meglio”. L’avversario è il nemico, da ridicolizzare per qualunque cosa dica e faccia. Da colpire con la calunnia e i sospetti anche gratuiti, falsi… da schernire per l’aspetto fisico e persino per l’abbigliamento e la postura. Lui: il corrotto, il disonesto, l’ignorante, lo stupido, il cretino
che non sa e non capisce nulla, che le sbaglia tutte… Io e la mia parte, invece, gli unici intelligenti, noi quelli dell’onestà e del rigore, noi che non sbagliamo mai, abbiamo una risposta per tutto, ci intendiamo di ogni cosa, abbiamo competenze a trecentosessanta gradi.
Con questi paradossi e stili di vita guardiamo alle nuove generazioni e – paradosso dei paradossi – ci chiediamo scandalizzati perché i nostri ragazzi crescano avulsi dalla realtà, ignoranti, apatici, incoscienti, violenti, incapaci di venire a capo delle difficoltà e di assumersi responsabilità!
Che forse non sia tempo, ormai, di un sincero, duro, seppur doloroso, esame di coscienza di noi adulti? Di tornare, noi per primi, ad “educarCI” e a dotarci del necessario equipaggiamento culturale, morale, valoriale?
C’è sempre più bisogno di adulti che sappiano lavorare su se stessi per un cambiamento reale in ordine ai comportamenti che si tengono, agli esempi che si danno e agli stili di vita che realmente vengono testimoniati.
Adulti capaci di tessere trame di autentiche relazioni di comunità, di solidarietà, di accoglienza… prendendosi “cura” in primo luogo delle nuove generazioni. Adulti che non abbiano paura di essere genitori, insegnanti, educatori, amministratori… in grado di esercitare fino in fondo le responsabilità loro proprie, con competenza, autorevolezza e credibilità.».
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