L’opinione di Mirella Arcamone
Il ministro Gasparri l’ha detta così: “Favino è penoso”.
Io non guardo Sanremo, però Savino l’ho visto, è passato sui social e mi ha colpito, mi ha colpito profondamente, ci ha colpito un po’ tutti. Ha attivato, credo, l’empatia profonda, quei “neuroni specchio” che abbiamo tutti, quell’empatia che tentano di distruggere, che ci bruciano fin dal primo giorno in cui siamo nati. Ce la bruciano nonostante siamo nati per stare con gli altri, per riconoscere negli altri il nostro stesso volto. Eppure la TV, i social oggi non fanno altro che sedare questa empatia, non fanno altro che volgere verso noi stessi le nostre attenzioni. Insomma, siamo autocentrati. Così, quando Favino ci sconvolge dal posto più sbagliato, cioè dalla stessa Tv, quando ci tocca il cuore perché ci decentra, perché ci fa vedere le cose come le vede quell’altro, come le vive, con le sue ansie, le sue angosce… e allora noi ci ritroviamo, ci identifichiamo.
Però Gasparri è stato onesto, Gasparri l’ha detto: per lui “è penoso”.
Ho paura che tanti altri di noi siamo un po’ più ipocriti. Cosa voglio dire? Voglio dire che se ci emozioniamo davanti a Favino, come facciamo a dire contemporaneamente che tocca aiutarli lì dove sono? Come facciamo a far finta di non sapere che il patto che abbiamo fatto con la Libia è un patto fatto con una banda e non con un governo, per tenere a bada – in situazioni di tortura – uomini donne e bambini, che sono uguali a noi, che hanno le nostre stesse facce, il nostro stesso sangue?
Già, perché la razza è una. Lo sappiamo, non c’è bisogno di sentire i genetisti, gli antropologi. Già, perché lo sappiamo, come dice una mia collega e amica, siamo tutti africani, veniamo tutti da lì. Eppure noi chiudiamo, spegniamo i “neuroni specchio” e ci facciamo raccontare dalla stessa tv che quelli sono i cattivi, sono gli immigrati clandestini, sono i virus e i batteri… un po’ come lo furono gli ebrei, gli omosessuali. Ce lo facciamo raccontare, ci vogliamo credere, vogliamo credere che la crisi è colpa loro e non di un certo tipo di economia che arricchisce pochi, che rende poveri tanti, che schiaccia verso il basso anche le classi medie.
Insomma, ci facciamo raccontare tutta un’altra storia.
Ieri ci ha emozionato Favino e poi? Rimaniamo anche noi quegli ipocriti che chiudono quell’emozione e dopo non riconoscono nei volti delle persone quelle stesse tragedie, quegli stessi drammi?
Ecco, guardate, non ne posso più di questa ipocrisia, non so voi, di sentir dire: “Non sono razzista, ma…”. No! Sei razzista!
Mi direte: “ci sono i problemi”, mi direte “c’è difficoltà anche per noi”.
Sì, ok. Vi dico: “la terra non è nostra”, vi dico: “mi hanno rotto le scatole con l’identità culturale nazionale”, vi dico: “i confini li abbiamo inventati”, vi dico: “siamo tutti migranti, da sempre”.
E, allora, la terra non è di qualcuno si e di qualcun altro no. Allora forse bisogna cominciare a prendersela non con chi è più povero di noi, o quanto noi, ma con chi questa povertà la costruisce. Ci sono delle politiche che vanno fatte, d’accordo; sono d’accordo con voi: politiche di ridibustribuzione, politiche ambientali che non distruggano ulteriormente l’Africa, politiche che smettano di dare armi ai peggiori dittatori o bande di quelle zone. Insomma, politiche che tengano l’Europa tutta quanta insieme, aperta e non chiusa. Queste politiche le voglio fare, ne voglio parlare, dopo però! Capite da dove voglio cominciare? Voglio cominciare col dire che i muri non si alzano, che questa non è la terra mia, ma è la terra nostra. Voglio cominciare col non sentire più gente chiusa, razzista ed egoista dire che è cristiana.
Il resto, le politiche, il come, lo si può fare insieme.
Non chiudiamo questa nazione, non alziamo muri, capiamo come teniamo la testa. L’unica cosa che dobbiamo chiudere un po’ più spesso è quella televisione che ci vuole manipolare, che ci costruisce sentimenti, emozioni, che decide come e perché ci dobbiamo emozionare… perché, guardate, noi ci siamo emozionati su Pamela, ma su Jessica no. Perché?