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Biagio, un film di Pasquale Scimeca

Biagio (Italia, 2014, 90’)

Regia e sceneggiatura: Pasquale Scimeca; interpreti: Marcello Mazzarella (Fra Biagio), Vincenzo Albanese (pastore Rosario), Renato Lenzi (Giovanni), Omar Noto (Salvatore); montaggio: Francesca Bracci; fotografia: Duccio Cimatti; musiche: Marco Biscarini; distribuzione: Arbash, ACEC; età consigliata per la visione: dai 12 anni.


 Biagio_Conte_1 Sinossi

Si narra del percorso esistenziale di Biagio Conte con le sue scelte radicali per non sentirsi più complice della povertà e della violenza nelle strade: dalla rinuncia agli agi della famiglia d’origine alla vita in montagna da eremita nutrendosi solo di bacche ed erbe selvatiche, dall’armonia con la natura al bisogno di spiritualità e alla ricerca di Dio. Che troverà attraverso la mediazione di San Francesco. Dopo un viaggio a piedi fino ad Assisi, Biagio ritorna a Palermo e si ferma alla stazione dove per anni vive e assiste i “barboni”, lavandoli, nutrendoli, curandoli. Caricandosi sulle spalle “il dolore del mondo offeso”, egli dà loro dignità e speranza e li chiama “fratelli”. Ma i “fratelli” diventano sempre più numerosi e la stazione non basta più ad accoglierli tutti. Inizia, così, un nuovo cammino: Biagio occupa l’ex disinfettatoio di via Archirafi, da anni in abbandono, e fonda la Missione di Speranza e Carità. Attorno a lui cresce la solidarietà della gente e la Missione diventa sempre più grande, e le persone che vi vivono sempre più numerose.

Biagio_2Commento

«È un film per raccontare la vita di Fratel Biagio, ma anche per capire meglio la crisi in cui viviamo, che è economica ma soprattutto ideale e culturale. È il racconto di un uomo giusto, uno dei pochi uomini giusti che ancora abitano questo Paese». Così il regista Pasquale Scimeca ha presentato Biagio, accolto con molto favore all’ultimo Festival Internazionale del Film di Roma (sezione Cinema d’oggi) e vincitore del Green Movie Award, del Premio di critica sociale “Sorriso diverso” e della menzione speciale del Signis Award-Ente dello Spettacolo. E ancora. «Come raccontare tutto questo? Perché raccontarlo? Biagio non voleva che io facessi questo film, in cuor suo aveva paura di commettere un peccato d’orgoglio, ma alla fine si è convinto e mi ha detto: “Se Dio vuole te lo farà fare questo film!” Io, purtroppo, non ho ancora il dono della fede, ma una cosa è certa: i giorni passati alla Missione in compagnia di Biagio, hanno cambiato la mia vita».

L’autore di opere stilisticamente intense quanto sempre tematicamente “giuste”, come Placido Rizzotto (2000), Rosso malpelo (2007) e Malavoglia (2010), stavolta s’è impegnato coraggiosamente in un’operazione che parla di povertà utilizzando anche mezzi “poveri”, per il costo di 600.000 euro e con la distribuzione dalla stessa produzione Arbash con il sostegno dell’ACEC in 500 Sale della Comunità. Sempre in una sorta di cortocircuito tra arte e vita, a interpretare il personaggio di Fra Biagio è Marcello Mazzarella, attore abituale di Scimeca, ma stavolta doppiamente protagonista, nel film e nella vita, oltreché autore del soggetto, dal momento che confida: «Ho passato tre anni per strada, venni accolto dalla Caritas a Roma, finché il regista Raul Ruiz non mi volle per interpretare Proust nel suo film. Insomma, sono stato uno dei poveri di cui Biagio si occupa. Non sono cristiano, mi definisco ambientalista, eppure ognuno di noi ha sempre bisogno di carezze». Così, quando vediamo Biagio/Marcello aggirarsi sulla neve delle Madonie fra boschi e greggi, come nei quartieri popolari di Palermo fra barboni e immigrati, percepiamo nell’interpretazione davvero il respiro, o il rantolo, di una vita realmente vissuta.

L’intento etico e “politico” di Scimeca, come in passato, è sempre quello d’interrogarsi “per chi” e “perché” si fa un film. Le prime immagini ci mostrano proprio il regista in saletta di montaggio che  si pone fuggevolmente le domande programmatiche. Solo in tal modo un film, come un libro o come qualsiasi altra forma di espressione creativa, può diventare “necessario” e contemporaneo. «Biagio riguarda tutti, è il paradigma del nostro tempo: è fuggito dalla civiltà del consumismo, vuota e senza senso, per rifugiarsi nella natura e iniziare un dialogo con Dio. Alla civiltà torna da uomo libero ovvero da umile frate francescano, come gli piace definirsi, dichiara ancora Scimeca. «Biagio è un rivoluzionario, uno dei pochi veri, e non a parole, e la sua figura illumina un problema: la ricerca della religiosità che noi abbiamo espulso dalla nostra società basata sul possesso delle cose. Ma la spiritualità non può essere espulsa, tutti noi abbiamo bisogno di ricevere la “carezza di Dio”».

Biagio_3Emozionante e, allo stesso tempo, “elegante”, contrappuntato com’è da una fotografia raffinata e da riferimenti cinematografici ed estetici, il film di Scimeca si raccomanda soprattutto ai più giovani che in Italia, nel passaggio dalla scuola superiore a quello degli adulti, appaiono ancora “dispersi in una società senza modelli”. Ce lo dicono i primi risultati di un’indagine sulle aspettative e i valori dei più giovani, realizzata nell’ambito del corso di laurea di Scienze dell’educazione e della formazione della Sapienza di Roma e che sarà presentata nella prossima primavera.

In maggioranza i giovani italiani vorrebbero una società più equa, con salari più dignitosi e uguali diritti per tutti. Ma sui “modelli” o i personaggi di riferimento, oltre ai libri e ai film preferiti, la confusione regna sovrana. «Le prime scelte dei ragazzi raccolgono appena tra il 6% e il 4,5% dei consensi», dichiara Pietro Lucisano, presidente del corso di laurea. I modelli più “gettonati” sono: Rita Levi Montalcini, seguita da Mandela, Gandhi e Steve Jobs. Poi ci sono Benigni, Falcone, Obama, Leonardo da Vinci, Martin Luther King, ma con meno del 2% delle preferenze. Maria De Filippi incassa le stesse preferenze di John Lennon e c’è anche chi indica “mia madre”.