ETTY HILLESUM, DIARIO
edizione integrale, ADELFI.
In una società come la nostra, in cui molti rischiano di smarrire il significato profondo e la direzione della propria esistenza, sopraffatti dal richiamo a soddisfare i bisogni della vita quotidiana, l’edizione integrale dei Diari di Etty HILLESUM, pubblicata nel 2012, costituisce un forte invito a non interrompere il dialogo con le regioni più remote della propria interiorità e a recuperarlo di continuo, qualora sia stato interrotto, al fine di vivere da desti e non da dormienti la propria esistenza.
Ebrea olandese totalmente dedita ad un impegno intellettuale serio e fecondo, come emerge dai continui riferimenti alla sua scrivania, luogo privilegiato in cui si sviluppa il quotidiano dialogo con se stessa, l’Autrice vive in modo ambivalente il rapporto col nazismo e con la Shoa’. Ad Amsterdam, la città in cui vive, infatti, avverte su di sé tutti gli effetti della persecuzione, che all’inizio si esprime nell’impossibilità per gli ebrei di entrare nei migliori negozi e in molti esercizi commerciali, nel divieto di usare le biciclette, nell’uso della tessera per l’acquisto dei prodotti alimentari, ma che successivamente sviluppa tutta la sua forza distruttiva, fino a destinare anche migliaia di ebrei olandesi ai campi di sterminio.
A tale tragica sorte Hetty riesce a sottrarsi perché nella fase più acuta delle persecuzioni, ottiene un lavoro come segretaria in un ufficio ebraico, che le consente di rimanere nella propria città e coltivare così i rapporti con i genitori, i familiari e gli amici. L’universo delle sue relazioni è attraversato da un rapporto privilegiato con uno psichiatra ebreo, S, con cui vive una storia d’amore che la realizza pienamente come donna e come intellettuale.Il dispiegarsi di tale storia, seppur tra eventi avversi o problematici, costituisce l’elemento portante di tutti i quaderni.
Il grande pregio di questi diari, che ne fa un testo a dir poco degno di essere letto e meditato dagli uomini e dalle donne del nostro tempo per trovarvi messaggi capaci di orientare la propria esistenza, è che non ci troviamo dinanzi a delle pagine attraversate da un biografismo grezzo, puramente descrittivo e privo di significato per il lettore. Al contrario, l’Autrice esprime sempre di continuo l’esigenza di mantenere, al di la’ dell’evolversi degli eventi più o meno dolorosi, una attenta relazione con se stessi, oggi si direbbe, con la propria soggettività, con tutta la ricchezza di significati intellettuali, spirituali, ma anche fisici, di cui essa è portatrice.
Ebrea non praticante, Etty HILLESUM, lascia trasparire nelle sue pagine un’elevatissima considerazione dell’amore umano, che si isterilisce se viene orientato verso una sola persona e che invece, seppur con le dovute differenze, deve esprimersi in modo quanto più universale possibile. Si coglie, inoltre, di continuo, l’importanza che, per la cura della sua vita interiore, assume il quotidiano impegno intellettuale, vissuto non in modo cerebrale e sterile, ma in modo fecondo, tale da far dialogare voci autorevoli della cultura europea: il poeta Rainer Maria Rilke, in particolare, ma poi anche Dostoevskij, lo psicanalista Jung, con le pieghe più nascoste e spesso dolorose della propria esistenza. Colpisce inoltre il fatto che, pur essendo un’ebrea non praticante, ci sia spazio, nella vita quotidiana di Etty, per la meditazione della Bibbia e del libro delle Ore, a conferma del fatto che l’esperienza del divino si fa strada in maniera sempre più profonda nella sua vita, fino a diventare, dopo la morte del compagno, quella prevalente. Ma al di là di tutti gli eventi che si sviluppano intrecciandosi con l’universo interiore dell’Autrice, il messaggio di fondo di questi quaderni è la convinzione inconfutabile della bellezza della vita. Per lei, se non si cessa di ascoltare se stessi, la vita è bella da vivere, perché carica di un significato che si nutre sia dell’espressione di sé in solitudine e in relazioni gratificanti e costruttive, anche quando la storia ne limita gli spazi in cui ciò è possibile, sia della relazione col divino vissuta non come rifugio o ripiego, ma come luogo in cui lasciare vibrare ciò che di più intimo è in noi stessi.
ANNA MARIA VULTAGGIO.