Il tema della vigna è proposto anche questa domenica e, allo stesso modo di sette giorni fa, anche stavolta la prospettiva che Gesù ci propone è diversa, ma di uguale importanza e intensità.
La Parola della XXV domenica ci diceva che siamo operai chiamati a lavorare nella vigna a qualsiasi ora del giorno, ed essere costruttori del Regno di Dio.
Quella della XXVI domenica ci invitava a cambiare la nostra visione del Padre: non un nostro avversario, ma un valido alleato che vuole il bene dei suoi figli.
In questa XXVII domenica lo spunto per iniziare la riflessione lo troviamo nella prima lettura: «Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna, che io non abbia fatto?» (Isaia 5,1-7).
Il profeta Isaia in questo meraviglioso brano, come fosse un pittore, rende chiara e colorata ai nostri occhi tutta la passione che Dio ha per l’uomo. Tutti noi siamo vigna lavorata con fatica, sacrificio e sudore da Dio, ogni giorno.
Egli dedica alla vigna tempo e attenzione particolari; è capace di trascurare gli altri campi e preferire me, che sono la sua vigna. La passione di Dio per me, non diminuisce e non si arresta, anzi aumenta dopo ogni mio allontanamento e rifiuto. Ecco perché sento la necessità di fermarmi nella sua passione e amo lasciarmi avvolgere del suo amore: ogni giorno percepisco che sono vigna di Dio; amato, coltivato, irrigato e anche potato. Ci sono produzioni più importanti in altri campi, ma Dio è in me che si è fermato: io sono piccola vite, ma Lui si attende frutti abbondanti.
La parabola che Gesù racconta prende una piega di violenza, delitto e sangue versato: «Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua l’eredità!» Nella Storia, diciamo oggi, nulla è cambiato: in ogni epoca riecheggiano le parole dei lavoratori della parabola raccontata da Gesù. Come è successo allora, anche oggi l’uomo sente in sé l’impulso di sopraffare l’altro e occuparne la terra, il posto, i beni, i soldi: “Usa astuzia e inganno e sarai tu a emergere, a occupare i primi posti e avere potere”, questo è il modo che molti hanno di intendere e vivere la vita.
A quanti continuano a chiedersi “perché nel mondo c’è tanta violenza, tante guerre?” Gesù continua a rispondere con le stesse parole del Vangelo di oggi: Fino a quando l’uomo non abbandona la sua sete di guadagno, il suo impulso a sopraffare il suo simile, a desiderare le cose degli altri, raccoglierà spine e vendemmierà violenza.
Nella conclusione della parabola di oggi Gesù ci svela il desiderio di Dio: il Suo regno sarà dato a un popolo che produca frutti buoni e gustosi. Ciò che desidera Dio non è l’abbondanza del raccolto alla fine dell’anno, non è la consegna con gli interessi della vigna, ma una vendemmia che produca pace, giustizia, solidarietà, perdono, condivisione. Questo è il sogno di Dio: una storia che non sia guerra di egoismi e sopraffazione, di potere e imbrogli, ma piuttosto sia un Regno d’amore e di speranza.