(Mimmo Sinagra) – Dopo le concitate, tragiche vicende di Parigi è d’obbligo una riflessione che vada oltre le reazioni viscerali che spesso non costituiscono altro che motivi di ulteriori divisioni, adito a reazioni scomposte, fianco per interessi non proprio limpidi.
Una preghiera, anzitutto: per le vittime designate, per le vittime “collaterali”, per gli ostaggi, ma anche per i carnefici. Sì, anche per loro. Pregare per i “nemici” non è una pratica “buonista”, ma un atteggiamento tipico del cristiano. Riscopriamo, dunque, anzitutto, da credenti, il valore della preghiera, e comunque quello della compassione. Infatti, ora che anche i terroristi sono morti, vedere nel sangue un giovane di poco più di trent’anni che fino a poco tempo fa suonava e cantava come molti suoi coetanei, e che, pervaso da fanatismo, ha provocato spietatamente la morte di tanti, ha suscitato in me (orrore per alcuni!) un profondo sentimento di pietà: pietà per una persona la cui umanità appare vinta dalla barbarie.
Poi, mi sembra buona cosa ricercare alleati nel mondo musulmano. Certo, non possono essere di aiuto, in questo, coloro che ne dileggiano la religione, o la reputano degna di scherno. C’è una gran differenza fra satira comunque rispettosa e blasfema rappresentazione di ciò che è sacro; blasfemia, tra l’altro, che non ha riguardato soltanto il credo islamico, ma anche i principali misteri della religione cristiana. La libertà di pensiero e di espressione, conquista di civiltà a prezzo di sangue, non dovrebbe essere utilizzata per l’offesa di quanto di più intimo una persona possa possedere, i fondamenti della propria fede.
La distribuzione della ricchezza, nel mondo, non privilegia certo i popoli del sottosviluppo, fra i quali il fanatismo islamico si va sempre più radicando. Chiediamoci se dobbiamo continuare a fare guerre sante facendo piovere bombe, o paci giuste ridistribuendo beni usurpati; se la concentrazione delle ricchezze del mondo deve continuare ad essere nell’Occidente (anzi nelle banche dell’Occidente).
Con buona pace di Salvini, questi sentimenti non sono di debolezza, ma di forza. Cercare alleati anche fra i cosiddetti nemici, e il primo alleato è la coscienza del violento, è il punto di partenza per sconfiggere l’aggressore.
Punti fermi, nel dialogo con il mondo islamico, devono comunque essere l’affermazione dei diritti e dei doveri acquisiti nell’evoluzione della storia: l’uguaglianza fra i cittadini, la parità fra i sessi, pur nella tolleranza di “tradizioni” che non ledano comunque la dignità della donna, e il rispetto delle libertà fondamentali: di pensiero, di parola, di stampa, di associazione. E questo, come una certa “tradizione” cristiana che si è evoluta e si è positivamente “conformata” al passo della storia leggendo i “segni dei tempi”, lo può fare anche il musulmano che, inserito nei vari contesti, colga le trasformazioni socio-culturali in atto. Ciò, mi rendo conto, è reso più difficile dalla mancanza di una guida spirituale unitaria (come lo sono il Papa e i Vescovi per i cattolici), ma appunto per questo necessita un supplemento di aiuto, una collaborazione per la crescita di questa coscienza nell’islam, piuttosto che un pregiudizio che lo ricacci nella incultura e nel fanatismo pregresso. Anche i cattolici, nel passato, non ne sono stati immuni, ma per grazia di Dio (nonostante anche attuali resistenze) se ne stanno liberando.
Mezzo di tale forte dialogo non può essere che l’istruzione e l’impegno educativo, non certo il “lasciarsi peggiorare” da reazioni da “guerra santa”. Lasciamo pure pescare nel torbido Salvini, Ferrara e quanti sono fautori di una reazione scomposta e fanatica. Non fanno altro che accrescere il numero dei musulmani fondamentalisti, allargando addirittura al pianerottolo di casa nostra lo scenario di possibili attentati. A questi “profeti di sventura” diciamo fermamente basta. Noi agiamo incrementando in noi e in tutti i mezzi di “lettura” di una realtà complessa come la nostra, e ciò si può fare con un mezzo semplice ed efficace: l’istruzione, la scuola, la diffusione della cultura incentrata sul valore della persona umana.
Lo Stato, nelle sue istituzioni di ordine pubblico e di difesa, monitori e dove necessario reprima le associazioni terroristiche e i tentativi di aggressione armata. Controlli le frontiere e le modalità di arrivo dei terroristi, che sono certo con probabilità maggiore le “business class” di aerei intercontinentali piuttosto che gli sgangherati barconi di disperati che approdano a Lampedusa, i passaporti protetti piuttosto che i mancati permessi di soggiorno. Faccia un’opera di “intelligence” adeguata e meticolosa. Promuova la cooperazione internazionale piuttosto che la fornitura sottobanco di armi per alimentare l’industria bellica.
Tutte queste cose le suggerisce e su questo opera Papa Francesco, spesso accusato dai suddetti profeti di sventura di “cedimento” all’Islam e di eccessivo pacifismo. Ma chi lo voglia definire come un Papa “sui generis” non conosce il pensiero coerente, in merito, dei suoi predecessori. Non ha letto i quattro fondamenti della “Pacem in terris” di Giovanni XXIIl: libertà, giustizia, verità, carità; non ha letto “i popoli della fame oggi interpellano i popoli dell’opulenza… Lo sviluppo è il nuovo nome della pace” nella “Populorum progressio” di Paolo VI; ignora i documenti del Concilio; non ha ascoltato gli appelli di Papa Luciani ad una più equa distribuzione delle risorse fra i popoli, ha dimenticato lo storico “incontro di Assisi” promosso da Giovanni Paolo II, ha rimosso la visita alla moschea turca di Papa Benedetto.
La paura è cattiva consigliera. Aumenta le distanze fra gli uomini, li incattivisce e li esaspera. Suo antidoto formidabile è l’intelligenza e la cultura. Attingiamo abbondantemente a queste fonti, se non vogliamo un mondo ove si faccia di tutto per sopravvivere, e niente per vivere.