– di Domenico Sinagra –
In Sicilia negli ultimi giorni si sono perpetrate azioni atroci contro le vittime più indifese, i bambini: la neonata gettata viva nel cassonetto, e poi morta, la vicenda di Andrea Loris, il bambino di otto anni strangolato a Santa Croce Camerina.
Di fronte a questa e a molte altre notizie del genere, in Italia e nel mondo, l’opinione pubblica spesso si dispone, più che a condannare il gesto, ad individuare il mostro, gareggiando quasi a porre abissi fra quella persona, considerata il “male assoluto”, e la propria “pulizia morale”. Scandalosa è stata da molti giudicata la “vicinanza” del padre di Giorgia (così è stata chiamata la neonata di Palermo) con la madre assassina: è stata definita quasi una complicità col delitto.
Tanti che si definiscono cristiani manifestano questo atteggiamento di rifiuto assoluto; anzi, lo motivano proprio con la propria fede religiosa, definendo “buonismo” il cercare di capire, il distinguere il giudizio sull’eticità dell’azione dalla condanna spietata della persona che la compie. Perfino Papa Francesco che prega nella moschea di Istanbul è stato quasi bollato di “tradimento” nei confronti dei tanti cristiani perseguitati in nome della fede islamica. E molti “atei devoti” rincarano la dose, difendendo una cosiddetta “civiltà cristiana” di cui non dovrebbero neanche saper parlare, ben lontana in realtà dalla “civiltà dell’amore” ben identificata da Papa Paolo VI.
Tornando a ciò che scrivevo all’inizio, a parte il fatto che è molto difficile entrare nella mente e nel cuore di una persona, e giudicarla, il vero cristiano deve avere la certezza della Resurrezione, da cui deriva la consapevolezza della inesistenza del “male assoluto”, né come entità spirituale, né incarnato in una persona o in una struttura politica o sociale. La vittoria definitiva della resurrezione sul peccato e sulla morte manifesta proprio la prevalenza del “Bene assoluto” sui “mali relativi”: lo stesso Satana non si pone come male assoluto proprio perché sconfitto definitivamente dalla Redenzione di Cristo.
Dentro ciascun uomo alberga Dio, Bene assoluto, che vi ha infuso il suo Spirito; la presenza di Satana può prevalere, anche drammaticamente, ma sempre parzialmente e temporaneamente, se l’uomo che commette anche il più atroce dei delitti ha la capacità di rispondere alla grazia che converte e solleva il peccatore. L’uomo, ciascun uomo, ha la capacità e la possibilità di essere “mostro”, come quella di essere santo. Nessuna meraviglia, quindi, se l’uccisore si converte o il santo pecca. L’uomo è un impasto di bene e di male, quest’ultimo mai definitivamente vittorioso se l’uomo non lo voglia tale. I più orrendi crimini contro l’umanità, il nazismo, la mafia, le atomiche, le stragi, le pulizie etniche sono anch’esse frutto di un male relativo, che il cristiano può e deve sconfiggere interloquendo con esso, mai demonizzandolo.
Ce lo insegna letterariamente Manzoni col cardinale Borromeo, ce lo insegna nella realtà Padre Puglisi, ce lo insegna Cristo: i Romani, male assoluto per gli Ebrei, vennero da Gesú interpellati e considerati come persone; il centurione, piuttosto che il Dottore della Legge, professò per primo la fede nel Figlio di Dio morto sulla croce. E il non identificare il male con la persona che lo commette, non sminuisce, anzi rafforza la capacità di opporvisi, con tutte le forze; significa solo la ricerca di un alleato in più, colui appunto che lo compie, per combatterlo.
In preparazione al Natale, cioè all’irrompere del “Bene assoluto” sui “mali relativi” dell’umanità, prendiamo coscienza di questo, e accogliamo in noi e nell’altro il bene che Dio suscita, solo che lo vogliamo.