XVI Domenica T. O. – Anno B –
Mc 6,30-34
“Venite in disparte…”, per imparare a conoscere Dio
Capita a tutti, all’uscita di scuola, vedere bambini raccontare alle mamme le prime esperienze fatte in classe: Stanchi, ma contenti; un po’ eccitati per le tante cose nuove che hanno imparato; orgogliosi di aver fatto esperienze e amicizie nuove.
Nel racconto di questa domenica, Marco, sembra descrivere una scena simile: «Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato» (Mc 6,30). Come fossero bambini alle loro prime esperienze, gli apostoli, corrono attorno a Gesù per raccontare le esperienze fatte e le emozioni vissute. Gesù che li ha mandati a due a due, come ci ha ricordato il Vangelo domenica scorsa, ora li riaccoglie nuovamente. E’ da Lui che devono ritornare, perché non si annuncia il vangelo a titolo personale, ma nel nome di Gesù Cristo: Dio incarnato, Figlio unigenito diventato uno di noi, compagno di strada di tutti gli uomini.
«Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’» (Mc 6,31.)
Ciò che colpisce in queste parole di Gesù è la sua attenzione per i discepoli. Il Maestro è premuroso per chi torna a casa dopo le fatiche della missione: Venite in disparte e riposatevi.
Ai discepoli Gesù non chiede il resoconto delle cose fatte, né una valutazione della missione, ma suggerisce solo di “riposarsi” con Lui e in Lui. La preoccupazione di Gesù è tutta rivolta alla condizione dei discepoli. A Lui interessa “come stanno”, non cosa hanno fatto: ogni singolo apostolo è importante per Lui, la loro condizione interiore conta più di ogni altra cosa. «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi ed io vi ristorerò» (Mt 11,28).
La stessa cosa Gesù fa con tutti coloro che lo seguono. La sua prima preoccupazione è per la stanchezza, lo smarrimento e la povertà di ciascuno. Non valuta chi merita il suo riposo e chi no: “Venite a me, voi tutti”. Venite perché Io accolgo ogni uomo. Venite e basta! Il mio riposo è per tutti.
Un altro aspetto bello, che emerge nel Vangelo di oggi, è la calma di Gesù: ai dodici chiede di fermarsi, riposarsi, pensare un po’ a se stessi. Questo non è disattenzione per il regno di Dio, ma amore per i discepoli. Gesù non gestisce un’azienda, non ha paura di chiudere in rosso i conti. Ai dodici non chiede di prepararsi immediatamente per andare in altri posti, ma solo di riposarsi.
Quella di Gesù è una grande attenzione per i suoi, per chi ama, per chi ogni giorno fatica per il Vangelo, per chi è capace di dare agli uomini, ma deve prima ricevere da Dio. Nessuno è capace di portate Dio tra gli uomini senza aver ricevuto da Lui riposo, amore, amicizia, consolazione. Dio non s’impara, ma si sperimenta stando in disparte, in intimità con Lui.
«Sceso dalla barca, vide una grande folla ed ebbe compassione di loro» (Mc 6,34).
Compassione è il secondo nome di Dio. E’ l’atteggiamento che più di ogni altro Gesù continuamente mostra al popolo. La compassione di Gesù mi commuove sempre. Partecipa al mio dolore e a quello di tutti gli uomini, è presente nelle sofferenze di tutti. La sua compassione lo spinge sempre ad agire.
E’ questo il suo primo insegnamento per me, per tutti: provare compassione per gli altri, soffrire insieme, esserci nel dolore dell’uomo, condividere per non lasciare soli chi sono nel dolore, agire perché la sofferenza sia alleviata.