XXXII Domenica del Tempo Ordinario – Festa della Dedicazione della Basilica Lateranenze –
«Si avvicinava la Pasqua dei Giudei»: la festa è vicina, i giorni che precedono sono di preparazione, c’è fermento tra la gente, nelle famiglie, tutto deve essere pronto per il giorno atteso. Per la Pasqua ebraica bisogna andare a Gerusalemme, entrare nel tempio per pregare, per esprimere la fede in Dio. Anche Gesù sale a Gerusalemme, ci vanno tutti; è lì che ci s’incontra, per stare alla presenza di Dio, forse anche per rivedere chi non si vede da un anno e anche più. E’ questo il senso della festa, di tutte le feste, anche delle nostre.
Questa volta però c’è qualcosa che non va, che stona con la festa e la gioia. Questa volta ci sono i mercanti, i venditori e i cambiamonete: immagine che distoglie lo sguardo da Chi abita il tempio e l’attenzione da Colui per il quale si fa festa, da un Dio che gratuitamente ha liberato il popolo e non ha mai mercanteggiato con nessuno il suo amore, ma lo ha sempre donato in abbondanza.
Gesù non resiste a questa immagine distorta del tempio, fa una frusta, caccia via mercanti e venditori, si oppone alla logica del mercato e del denaro, rovescia i banchi e dice: La fede non è mercanzia, qui non vale la legge dello scambio, non puoi dare qualcosa a Dio, perché Lui restituisca molto a te. Dio è gratis! Non mi stancherò mai di dirlo: Dio non si compra né con i soldi né con altro. Dio è amore! Chi lo vuole pagare, non ha capito nulla di Lui e del suo amore. Dio non si compra nemmeno con le preghiere moltiplicate, ma con la Preghiera, quella che scaturisce dal cuore.
Il gesto di Gesù agli occhi della gente sembra esagerato, sproporzionato e sicuramente inefficace, perché poco dopo, tutto è ritornato come prima nel tempio. Invece per i discepoli il suo gesto è profezia che si realizza: «I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto “lo zelo per la tua casa mi divora”». Gesù contesta la distorsione che i Giudei hanno fatto dell’immagine di Dio; si oppone alla logica di mercato nel tempio, al cambiamento del ruolo che si è fatto del luogo di preghiera. Nessun luogo di preghiera, tempio o chiesa che sia, deve essere usato come spazio di commercio. Il mio rapporto con Dio non può essere mediato dal denaro; tutto della mia fede deve portarmi a cercare Lui, non i suoi favori, perché “non c’è nessuno che abbia fatto qualcosa per primo che ora merita il contraccambio”.
Chissà quante volte siamo un po’ mercanti e un po’ cambiavalute. Chissà quante volte ci siamo presentati al Signore con i compiti fatti, con le preghiere moltiplicate o con la coscienza a posto per gli obblighi espletati. Gesù però continua a ripeterci: Dio è amore! E ti chiede di amarlo; e l’amore non è questione di “quante volte”, ma di “accoglienza”. Dio va accolto nella nostra vita, ripete all’infinito Gesù.
«Distruggete questo tempio ed io in tre giorni lo farò risorgere», risponde Gesù ai Giudei. «Ma egli parlava del tempio del suo corpo». A questo punto comprendiamo l’insegnamento di Gesù: non più un tempio fatto di pietre, ma un corpo vivo e vero, fatto di carne da mangiare e sangue da bere, di parola, la sua, che sa di eternità; e di una vita, la mia, la nostra, che se vissuta in Cristo si riveste di bellezza. La nostra fede, quindi, s’intreccia nell’umanità di Cristo; in Lui scopriamo il volto di un Padre che accoglie, ama, perdona.
Gesù nel brano di oggi cambia radicalmente la teologia dei Giudei: non più il tempio di pietra, ma quello di carne, il Suo. Allora mi viene da chiedere: Signore, che ne sarà di me! Di me che ogni giorno ti cerco, che in te voglio riporre la mia speranza; che ne sarà di me che sono rimasto affascinato della Tua parola, che ti cerco ogni giorno nei poveri, negli ammalati, negli ultimi.
Immediatamente sento la sua risposta: “Se mi cerchi non per interesse, ma per amore, se hai la forza di restare in Me, ogni giorno, se sei disposto a donarmi te stesso negli altri, allora anche tu sei il luogo, dove il Misericordioso vuole abitare”.