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Se uno mi ama osserverà la mia Parola

«SE UNO MI AMA, OSSERVERÁ LA MIA PAROLA»
(At 15,1-2.22-29; Sal 66; Ap 21,10-14.22-23; Gv 14,23-29)

La scorsa domenica Gesù ci ha consegnato la carta d’identità del discepolo che si concretizza nell’amore fraterno. Questa domenica leggiamo ancora un breve passaggio del discorso di addio ai discepoli tenuto da Gesù la sera della Cena, dove, con un linguaggio semplice e familiare, ci fa tuffare nella straordinaria esperienza della comunione con Lui e il Padre. Quello che Gesù ci rivela non oseremmo nemmeno immaginarlo, perché supera ogni nostra capacità di pensiero e di immaginazione. Eppure si tratta di una realtà, per quanto invisibile e soprannaturale. Nel momento in cui ce l’annuncia, Gesù ci svela anche la chiave che rende possibile entrare in questo mistero, la cui bellezza è tale da mozzare il fiato: “Se uno mi ama”. Ancora una volta, il segreto dell’incontro tra noi e Gesù consiste nell’amore, quell’amore che si rispecchia in quello che Gesù stesso ha verso il Padre e che gli consente di osservare la Sua parola, senza sforzo o difficoltà, ma con una specie di naturalezza, cosicché Egli trova grande gioia nel fare quello che il Padre gli chiede. Lo stesso avviene nella vita del discepolo, che nel suo intimo si sente portato a fare quello che Gesù gli chiede per il semplice motivo che lo ama.

Allora, osservare la Parola di Gesù non è più un ‘comando’, ma diventa il desiderio di vivere nel clima della comunione di amore richiesta dal rapporto personale e vitale che il discepolo ha instaurato con il Maestro. Ecco perché Paolo e Barnaba non si lasciano abbattere e scoraggiare da nessuna forma di persecuzione, ma continuano a diffondere la parola di Gesù, che è motivo di salvezza e di grazia per quanti l’accolgono e credono in essa. Ecco perché sono pure capaci di essere lieti quando sono accusati, insultati e fustigati a motivo della loro appartenenza a Gesù: perché sono stati conquistati da Lui e per loro, ormai, vivere significa appartenere a Cristo Gesù. L’esperienza di Paolo e Barnaba, con le dovute distinzioni, può essere vissuta, ed è di fatto vissuta, da ogni discepolo di ieri, di oggi e di sempre, in ogni luogo egli vive la sua fede, con sincerità e coerenza. Ma Gesù va avanti con il suo discorso, rivelandoci qualcosa di inesprimibile, ma di cui lui stesso si fa garante. Dopo averci detto che Lui e il Padre sono una cosa sola, ora precisa che l’amore che noi portiamo verso di Lui è rivolto ugualmente verso il Padre, tanto è vero che il Padre si sente amato nel Figlio e risponde con il suo infinito amore, venendo ad abitare nel cuore del discepolo insieme con Gesù. Chi avrebbe mai potuto immaginare una cosa del genere?

Veramente Gesù non finisce mai di sorprenderci con i suoi doni e le sue promesse, che prendono sostanza in noi nella misura in cui le andiamo sperimentando di persona. É un dato di fede, ma questo non significa che si tratta di qualcosa di puramente astratto. La parola di Gesù è già di per se una garanzia. Mi piace riascoltare le sorprendenti parole di Gesù: «Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Ma abbiamo la testimonianza diretta e vissuta da parte di Paolo, quando ci descrive la sua interiore percezione della presenza potente ed efficace di Gesù nella sua vita: “Cristo vive in me”, con tutto quello che ci comunica. Così come l’abbiamo nella testimonianza di tanti discepoli del Signore che hanno vissuto questa meravigliosa esperienza e sono riusciti a comunicarcela nei loro scritti. Basti pensare, come esempio, a S. Teresa d’Avila, San Giovanni della Croce, Padre Pio, Suor Faustina e tantissimi altri, per renderci conto come Gesù mantiene le sue promesse, molto al di là di quanto noi non possiamo desiderare ed immaginare. Se osservare la parola di Gesù è frutto e segno tangibile dell’amore per Lui, al contrario, il non osservare la sua parola è la testimonianza più sicura che denuncia la mancanza di amore di una persona, che in questo modo non può essere riconosciuta come appartenente al numero dei discepoli. Non ci sono alternative: o uno ama Gesù e osserva la sua parola, o viceversa non lo ama e non osserva la sua parola.

Ma questo amore, come ogni forma di amore autentico, è nello stesso tempo dono e risposta. Accogliendo l’amore di Gesù attraverso l’accoglienza della sua parola, noi andiamo creando e rafforzando in noi una forma di familiarità con Lui, che si fa facendo sempre più intima e profonda. Gesù ha voluto rivelarci come tutto questo avviene per opera dello Spirito Santo, che Egli promette e dona e di cui comincia a dirci la misteriosa e potente attività. Poichè Gesù e il Padre sono una cosa sola e chi ascolta Gesù ascolta il Padre, il dono dello Spirito Santo proviene dal Padre e dallo stesso Gesù, e per mezzo di Lui siamo introdotti nell’intimità della vita divina. Gesù ci dice che l’azione dello Spirito Santo è quella di farci da Avvocato, Consigliere, Guida, Ispiratore, Maestro, Suggeritore, facendo in modo che la Parola di Gesù vada acquistando sempre maggiore consistenza ed efficacia nella nostra vita cristiana.

La vita del discepolo è sempre una vita esposta alla debolezza, alla tentazione, alla paura, al tradimento, allo scoraggiamento, come lo era in quel momento la vita dei discepoli che stavano per perdere il loro Maestro. Per questo Gesù li consola e li provvede di un dono meraviglioso, anche se nascosto nella forma quotidiana di una saluto che è augurio, ma anche promessa: la sua pace. Egli ci lascia in dono la sua pace, perché non siamo travolti dal timore e il nostro cuore non ceda allo smarrimento. Anche questo è frutto del suo Spirito.

P. Pino (Giuseppe Licciardi)