La missione dei Dodici
CHIAMÓ I DODICI E PRESE A MANDARLI A DUE A DUE
(Am 7,12-15; Sal 84; Ef 1,3-14; Mc 6,7-13)
In queste ultime settimane, Marco ci ha fatto percorrere un cammino che, partendo dalla adesione di fede dei dodici apostoli alla parola di Gesù che li aveva chiamati, ci conduce attraverso la dura prova della loro fede: la tempesta, l’incredulità di quanti, con atteggiamento di superiorità e di disprezzo, si prendono gioco delle parole del Signore. È come se Gesù avesse voluto fare passare i suoi discepoli attraverso queste prove, prima di affidare loro il compito di andare e annunziare il suo Vangelo. Ed è davvero interessante notare con attenzione quello che raccomanda loro nel mandarli a preparare la gente ad accogliere la sua venuta.
Anzitutto chiede di andare a due a due, e questo per insegnare loro a vivere la missione anzitutto come testimonianza, per cui l’uno si appoggia all’altro e può contare sull’altro, che è pronto a sostenerlo e a convalidare la sua parola. Inoltre, quello che annunciano lo devono vivere loro per primi: annuncio della parola e testimonianza personale non possono andare separati, ma sono e devono essere inscindibili. Il loro Maestro infatti non si limita ad insegnare, ma è Lui per primo che vive quello che insegna. Inoltre, hanno già avuto modo di toccare con mano come Gesù, pur non essendo accettato nemmeno dai suoi conoscenti, amici, da quelli stessi di casa, non si è chiuso in se stesso, ma ha continuato ad andare avanti, annunciando per i vari villaggi il Vangelo del Regno. La missione va portata avanti, pur nell’apparente fallimento.
Nonostante non fossero abili predicatori, Gesù non solo li manda, ma dà loro la capacità di agire, esercitando i suoi stessi poteri: scacciare gli spiriti impuri, guarire ogni genere di malattia e sofferenza. Essi non agivano in forza di particolari capacità o doni che si potevano attribuire, ma in loro e per mezzo di loro era Dio stesso che agiva. Cacciavano i demoni o guarivano i malati non per loro potere, ma perché si rendevano strumenti attraverso cui si manifestava il potere stesso della misericordia di Dio verso gli uomini.
Ma accanto ai poteri che conferisce loro, Gesù chiede ai Dodici di vivere con un preciso stile di vita, caratterizzato dalla mancanza di mezzi umani che li potessero in qualche modo garantire. I dodici dovevamo imparare a vivere aspettandosi tutto dalle persone a cui avrebbero donato il Vangelo. In pratica era un modo molto immediato per dire che Dio si sarebbe preso cura di loro, nella misura in cui non si fossero preoccupati di garantirsi le sicurezze che ritenevano necessarie. Ecco perché Gesù ingiunge loro di non prendere con sé “né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche”.
Dovevano lasciare la casa e la città solo nel caso in cui non venissero accolti e la loro parola venisse rifiutata. In questo caso dovevano scuotere persino la polvere dai calzari, come a dire che non si assumevano nessuna responsabilità del loro rifiuto, che era diretto non a loro, ma a Dio. Infine, in Marco c’è da notare come, oltre ai calzari, di cui certamente avevano di bisogno, andando per le strade impervie di quei paesi, i dodici avrebbero dovuto portare con sé anche un bastone. Certamente per proteggersi, ma sembra che Marco ci voglia suggerire qualche altra cosa. Se pensiamo al ruolo che il bastone ha avuto nell’azione di Mosè e dopo di lui di Giosuè, non è difficile pensare che il bastone possa essere simbolo dell’autorità di Dio che viene conferita ai Dodici. Perciò essi non devono mai perdere di vista che agiscono in suo nome e per la sua autorità, ed è proprio grazie a questo collegamento, che non devono mai spezzare, che essi possono portare avanti il loro straordinario ministero.
Giuseppe Licciardi (P. Pino)