IV Domenica di Pasqua
– Vangelo di Giovanni 10,11-18 –
Ci sono periodi della nostra vita in cui viviamo la fede da sfiduciati: non troviamo forza e stimoli per andare avanti, ci sentiamo soli a lottare con le nostre fragilità e con i nostri dubbi; non sappiamo come fare e a chi rivolgerci per venirne a capo. E’ Gesù che si offre di venirci incontro donandoci la Sua Parola che rincuora e rialza.
Un valido aiuto, per superare questi periodi di fragilità e rafforzarci nelle nostre scelte, è dato dal brano del Vangelo di questa IV domenica di Pasqua: Con la forza dirompente, che solo la Parola di Dio può avere, oggi a noi è detto che Gesù è “il buon pastore” al quale “importa” delle sue pecore. Le “conosce” e “chiama per nome”, da “la vita per esse”.
Gesù nel brano di questa IV domenica di Pasqua ci dice: «il mercenario vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore».
Sì, è vero: Al mercenario non importa delle pecore, ma a Gesù sì! A Lui importa di tutte le pecore e tra esse ci sono pure io. Io importo a Gesù, è questa la scoperta meravigliosa che il Dio risorto oggi mi ha rivelato. Queste parole rincuorano la mia fede, fanno brillare i miei occhi di gioia: Ogni donna e uomo importano a Gesù, sono per Lui preziosi a tal punto che Egli da “la vita per loro”. Sono queste le sue parole cariche di speranza per me, per te, per tutti.
Io sono importante per Gesù! Questo mi basta per rafforzare la mia fede in lui, per ritrovare fiducia in me e riprendere il cammino quotidiano. Devo proprio fissarlo bene in testa: io ai suoi occhi sono importante a tal punto che Egli offre se stesso perché io viva. A Dio importa di tutto il creato: del mare, dei monti, degli animali, ogni cosa è importante per Lui, perché tutto è “cosa buona”, ma quando il suo sguardo si posa sull’uomo, allora tutto passa in secondo piano e le parole si fanno più approfondite. Nel racconto della creazione, quando Dio crea l’uomo, dice: “È cosa molto buona” (Genesi 1,31).
«Io sono il Pastore buono»
E’ con questo titolo che oggi Gesù si presenta ai suoi discepoli e a ciascuno di noi. Inutile dire che nel sentire questo titolo siamo rimasti tutti delusi. Avremmo preferito che si presentasse con altri titoli più forti e incisivi, di quelli che suscitano timore ed evocano gesta eroiche. Questo invece è il titolo più umile che Gesù ha dato a se stesso. Ciò che evoca è solo semplicità, bontà e debolezza. No, questo titolo, ai nostri giorni proprio non va bene, fa solo ridere i ben pensanti dei salotti televisivi e altri. Per molti oggi la bontà sa di “buonismo”, è così che la società definisce chi è aperto all’accoglienza, alla generosità, all’altruismo…
Eppure questa immagine, purtroppo a noi molto lontana e del tutto estranea, non è insignificante, debole o arrendevole: Il pastore non è per niente debole, né tantomeno remissivo. L’immagine del pastore è piuttosto quella di una persona forte che sa affrontare i lupi, i ladri, che sa difendere il gregge da tutti e da tutto, dinanzi al pericolo ha tanto coraggio da non fuggire; il pastore vero ha a cuore le sue pecore, perché le ritiene sua unica ricchezza, il vero tesoro della sua vita, a tal punto da “offrire la sua vita” per loro. Ora ho capito: questo titolo proprio mi affascina, mi stimola a tal punto che anch’io vorrei diventare pastore buono, capace di aiutare, risollevare, offrire la mia vita.
«Do la mia vita per le pecore».
E’ questa la bontà descritta da Gesù nel titolo con cui si è presentato oggi. Gesù, in linea con il Padre, offre “vita” e non solo sulla croce, ma la offre sempre, ogni giorno, come fonte zampillante dalla quale sgorga acqua che disseta e fa rinascere. “Offro la vita” significa: “Vi consegno il mio modo di amare e di agire”.
Solo così, a immagine del nostro Pastore, anche noi saremo capaci di essere “buoni”, cioè di donare vita, tempo, ascolto, sorrisi, conforto, accoglienza a quanti il Signore mette quotidianamente nelle nostre strade e dire a tutti: “Tu sei prezioso agli occhi di Dio e anche ai miei”.