29 maggio: Memoria di San Paolo VI
Nel giorno in cui si celebra la sua memoria liturgica ricordiamo la vita, l’opera ed il magistero di San Paolo VI e chiediamo la Sua intercessione perché da educatori possiamo concorrere alla costruzione della «civiltà dell’amore».
______________________________________
«Fu il primo a volere un funerale semplice, col Vangelo sulla bara, senza orpelli, come era stato il primo ad abolire nei fatti il “triregno”, cioè la tiara simbolo del potere anche temporale, vendendolo il giorno dopo l’incoronazione per soccorrere gli affamati dell’India. Il primo a disfarsi delle guardie palatine, della sedia gestatoria, dei flabelli; il primo ad andare per tutto il mondo a predicare la pace e lo sviluppo dall’assemblea generale dell’ONU alle favelas della Colombia; il primo a percorrere, rischiando la vita sballottato da una folla immensa, la via Crucis a Gerusalemme; il primo a incontrare ortodossi, protestanti, atei instaurando relazioni stabili coi regimi comunisti. I semi piantati da Giovanni XXIII furono abbondantemente innaffiati e coltivati da Paolo VI. Il Concilio fatto decollare da Giovanni XXIII fu da lui portato felicemente all’atterraggio. Un Papa nel contesto dei suoi tempi, e contemporaneamente “profeta”, inserito pienamente e contemporaneamente “disadatto” a continuare a calpestare sempre le stesse orme. Col casco da operaio nelle acciaierie di Taranto, alla sua scrivania per firmare le grande encicliche “Populorum progressio”, “Octogesima adveniens”, e anche per prendersi con coraggio delle responsabilità impopolari con la “Humanae vitae”, che, sebbene possa essere considerata “datata” per ciò che riguarda alcune riflessioni, non è mai chiusa all’aggiornamento, ma sempre comunque aperta alla comprensione e alla misericordia. Promotore della distinzione e dell’autonomia della politica dalla religione (definì per primo “provvidenziale” la breccia di porta Pia), promosse pienamente il ruolo del laicato cattolico nella Chiesa, non considerandolo “ruota di scorta” o “megafono” della Gerarchia, ma in prima linea nella evangelizzazione delle varie realtà e dei vari contesti in cui il laico, e non il “consacrato”, é presente. Appassionato studioso e vicino alla scuola filosofica del personalismo francese (Mounier, Maritain, Guitton) e pertanto fautore della crescita integrale dell’uomo e della donna, aveva con la cultura e con l’arte un rapporto di ammirazione e di rispetto, favorendo il riconciliarsi della Chiesa con questo mondo ad essa ostile. Uomo di preghiera e di riflessione, ma anche di “esposizione” suo malgrado a decisioni forti, due su tutte: l’allontanamento dei seguaci di Lefebvre perché non accettavano le decisioni più coraggiose del Concilio, quali la riforma liturgica e l’apertura al mondo; la lettera agli “uomini delle Brigate Rosse”, che io considero un concentrato di Vangelo, in cui dignità e umiltà, fierezza e misericordia trovano una loro sintesi superiore (“… lasciate a me, interprete di tanti vostri concittadini, la speranza che ancora nei vostri animi alberghi un vittorioso sentimento di umanità. Io ne aspetto pregando, e pur sempre amandovi, la prova”.).
Un pontificato, il suo, estremamente “innovatore”, seppure fortemente radicato nella piú genuina tradizione della Chiesa; riassumendone il significato, lo trovo in una parola: “dialogo”, fatto di ascolto e riflessione, empatia ed azione, e soprattutto di attenzione per il mondo, da non liquidare sbrigativamente secondo cliché precostituiti, ma da “studiare, amare, servire”».
Mimmo Sinagra