Per ragionare correttamente di libertà
(mentre ci sentiamo meno liberi che mai)
Mai come oggi viene in mente il tema della libertà.
La libertà è sempre libertà di scelta e la scelta presuppone opzioni tra cui scegliere da esaminare e valutare. Diventano quindi importanti i criteri con cui compiamo queste operazioni. Prima di tutto occorre avere alternative o meglio saperle individuare e a questo scopo occorrono strumenti, “occhi” allenati a vedere. Ma quando il nostro sguardo scorge opzioni spesso invisibili in certe condizioni? Quando guardiamo alla realtà con spirito critico senza dare nulla per scontato, diffidando dei saperi superficiali, liberandoci da condizionamenti espliciti e impliciti, rifiutando modelli inadeguati. Quindi il principale strumento che serve è la ricerca che coniuga la disponibilità ad accogliere (il nuovo, il diverso, il dolore, il cambiamento) e l’apertura al possibile, anzi ai possibili, e il desiderio di esplorarli. Tuttavia la ricerca nasce dal dubbio, che è conflitto interiore, e dal vedere un problema che fa maturare una domanda. E la ricerca ci proietta oggi nella nostra interiorità che non è un dato di fatto, ma va continuamente costruita attraverso atti di libertà che sono scelta e decisione su come vivere e su quali obiettivi assumere come orientamento della propria vita. La libertà diventa responsabilità e partecipazione.
Responsabilità perché, come rilevano molti filosofi, scegliere significa immaginare le conseguenze della scelta e orientarsi a comportamenti che producano il benessere proprio e altrui. A volte ci sfugge nell’immediato il legame tra i due, ma apparirà evidente se ci soffermiamo a considerare che ciò che produce il malessere dell’Altro si traduce anche in un nostro malessere che consiste nel senso di colpa, più o meno consapevole, che siamo inclini a sviluppare anche nelle situazioni drammatiche in cui non riusciamo a spiegarci perché noi ci siamo salvati ed altri no.
La libertà è anche partecipazione, come afferma Gaber con la sua musica, ma anche, come spiega Gherardo Colombo parlando della democrazia, perché l’uomo come animale sociale esercita la sua libertà in una rete di rapporti che costituiscono la convivenza con altri, vicini e lontani, noti e ignoti. Ed è, in ogni momento della sua vita, alle prese con il problema di armonizzare libertà e molteplicità e relativizzare la libertà alla comunità. Da questo sforzo ininterrotto nasce l’eguaglianza e la parità che consente a ciascuno di essere libero in sintonia con la libertà altrui. Allora servono le regole che costituiscono il fondamento della libertà, la specularità dei diritti e dei doveri, la responsabilità che è etica applicata e l’impegno che si manifesta come partecipazione.
La partecipazione attiva è necessaria nelle attività concrete di ciascuna persona nella sua quotidianità ed è una partecipazione condivisa perché ciascuno vive immerso nelle relazioni con gli altri. Qualunque attività svolta con l’impegno, cioè partecipando attivamente, contribuisce al pieno sviluppo della persona umana e alla possibilità effettiva di esercitare la libertà di scegliere.
Oggi dobbiamo seguire NORME, NORME che pesano, che ci fanno sentire comandati da altri, ingabbiati nelle nostre case, sorvegliati, obbligati a modi e tempi che ci sono estranei, persino a indossare certi accessori di abbigliamento. Sappiamo che è necessario. Tuttavia le persone non possono solo essere sottoposte a norme, le persone devono anche capire, essere aiutate a comprendere che i limiti, da sempre, sono fondamento della libertà personale. Occorre aiutare a sviluppare l’autonomia senza utilizzare le forme di un forte controllo sociale, anticipazione di possibili cadute antidemocratiche e deviazioni autoritarie. Far credere, attraverso rigide forme di controllo sociale, che esista l’”irresistibile” cui nessuno può resistere significa non solo togliere libertà, ma anche ostacolare l’esercizio dell’intelligenza. Credo che per rispettare l’uomo e la sua specifica natura e per evitare il rischio di involuzioni autoritarie, le norme debbano essere necessariamente ricondotte ai valori, senza i quali diventano efficaci solo apparentemente, ma nel vissuto personale restano in realtà costrizioni da cui fuggire appena possibile. Allora gli strumenti educativi della riflessione condivisa, della lettura, del ragionamento condotto insieme, del dialogo aperto e anche del conflitto intellettuale, diventano la risorsa principale per mantenere intatta la propria libertà e la propria autonomia.
Maria Luisa Ierace