(di Vincenzo Lumia) – Giorno dopo giorno risulta sempre più evidente come la questione morale, più che una delle questioni in campo nel nostro Paese, sia diventata “la questione primaria” per aver ormai permeato fortemente ogni ambito… dal privato al pubblico, dalla sfera soggettiva e interpersonale a quella politica-istituzionale ed economica-finanziaria.
Essa rende di non facile soluzione i gravi problemi che quotidianamente la gran parte dei cittadini si trova ad affrontare, se non addirittura li genera e li amplifica.
La cronaca quotidiana, ormai, è costellata di casi di malcostume, di corruzione, di uso disinvolto e criminogeno del potere, i quali inducono a pensare come l’eccezione sia diventata purtroppo la regola in ogni settore della pubblica amministrazione, sino a toccare gli organismi di controllo e persino le istituzioni.
In tale contesto emerge il paradosso kafkiano dei criminali che si trasformano in vittime, degli accusati in accusatori. La tesi del complotto, dell’accanimento, della persecuzione è ormai la parola d’ordine dei tanti inquisiti, anche quando sono colti con le mani nel sacco, e più che sulle loro responsabilità si punta il dito su quanti fanno emergere e cercano di combattere il marcio che avanza.
Questo circolo vizioso va immediatamente spezzato per innescare un processo virtuoso di cambiamento e di riscatto sia a livello esistenziale che sociale e civile. Le paure, le preoccupazioni, il malessere devono poter diventare ricerca comune delle strade possibili per un genere di vita diverso a livello personale e per una partecipazione sociale e politica volta ad un cambiamento sostanziale della realtà che ci circonda.
La rassegnazione, la resa, il qualunquismo da un lato, l’adeguamento cinico e tornacontista dall’altro non possono essere le vie da perseguire, né tantomeno le soluzioni delle enormi difficoltà che costantemente si è costretti a fronteggiare.
Si tratta di non rassegnarsi ad una realtà in cui non ci si riconosce, che non si vuole subire passivamente e che, al contrario, è necessario mutare.
Un nuovo paradigma culturale ed economico si impone, attraverso un confronto che non sia “intellettualistico”, ma che sappia individuare modalità e canali in grado di generare comportamenti personali e rapporti interpersonali autentici, interventi nel sociale che facciano assumere una soggettività politica consapevole, qualificata, originale.
Una soggettività che nasca da ampi orizzonti di senso, da un’analisi onesta e veritiera della realtà, da una seria riflessione culturale, alla luce di imprescindibili scelte etiche e con una attenzione preferenziale verso i bisogni e le esigenze di quanti sono senza voce, di coloro che sono stati relegati nell’ultimo gradino della scala civile, dei tanti che vivono situazioni di profonda ingiustizia.
Da qui la imprescindibile esigenza di un’educazione capace di inserire parole nuove nel linguaggio e nell’esistenza tanto degli adulti, quanto delle nuove generazioni, in un contesto segnato da ben altri termini e che adesso rivelano tutta la loro caducità ed insignificanza, perché basate su di una visione troppo materialistica ed esclusivamente edonistica della vita.
Parole quali dovere, responsabilità, noi, altri, bene comune, decrescita…. devono essere ridette e risostanziate da soggetti in grado di farne cogliere, con lo stile di vita e con i fatti quotidiani, la loro bellezza, utilità, necessità.
Ad ogni adulto, ad ogni educatore, come ad ogni realtà educativa il compito di tradurre tutto ciò in percorsi, luoghi, relazioni, progetti, scelte.
Ad ogni educatore cristiano, poi, il coraggio della testimonianza delle parole di vita eterna che solo il Signore ci ha donato.
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