La guarigione del cieco nato
(1Sam 16,1.4.6-7.10-13; Sal 22; Ef 5,8-14; Gv 9,1-41)
L’agire di Dio, e per conseguenza quello di Gesù, che va nella stessa direzione, ci spiazza, perché Egli non si muove secondo le logiche degli uomini che danno importanza alle apparenze, alle realtà che colpiscono gli occhi, come la ricchezza, la bellezza esteriore, il potere, ma va direttamente alla sostanza delle cose. Lo leggiamo apertamente nella prima lettura, quando il Signore dice al suo profeta Samuele: «Non conta quel che vede l’uomo: infatti l’uomo vede l’apparenza, ma il Signore vede il cuore». Una affermazione lapidaria che ci da una idea di come vanno le cose davanti a Dio. L’uomo si lascia facilmente guidare dai pregiudizi, dai luoghi comuni, dalle apparenze, Dio invece fa saltare tutti questi parametri e misura l’uomo guardando al suo cuore e alle possibilità che è capace di esprimere, e punta direttamente su questo. Così Samuele, mandato da Dio a ungere il suo eletto, il futuro re d’Israele, convoca la famiglia di Jesse, perché il Signore gli aveva detto che tra i suoi figli aveva scelto il suo consacrato. Tutti i figli di Jesse sono lì, tranne il più piccolo, che non era tenuto in considerazione a motivo della sua età. Ma Dio non si lascia ingannare dalla presenza e dalla prestanza dei altri figli di Jesse, e chiede che venga chiamato pure l’escluso, colui che non era nel conto, perché proprio lui il Signore aveva scelto.
Anche Gesù fa delle scelte a sorpresa, perché non si lascia condizionare dalla nazionalità, dalla religiosità appariscente, dalla santità presunta, o da altri criteri comunemente accettati. Egli si rivolge ai lontani, ai rinnegati, ai piccoli, ai malati, agli ultimi della società, a quelli che non vengono considerati agli occhi degli uomini benpensanti e vivono nelle periferie, e li sceglie come strumento della sua potenza, della sua misericordia e del suo amore. La scorsa domenica, a rappresentare in maniera degna l’umanità in cerca della vera sorgente che può colmare la sua attesa di autenticità, di senso pieno della vita, si rivolge ad una Samaritana, e per giunta una poco di buono, malvista e pure schivata dai suoi concittadini. Questa donna diventa la depositaria della vera identità di Gesù, il profeta, il Messia che viene del mondo per insegnare le vie di Dio, la sorgente di acqua viva che zampilla per la vita eterna, il Salvatore del mondo. Il Vangelo di oggi ci presenta come protagonista un uomo nato cieco, simbolo della società, che non riesce più a vedere ed a riconoscere i segni della presenza e della potenza di Dio, chiusa nelle sue false sicurezze e certezze, che si ritiene giusta e sapiente ed accusa di peccato e di ignoranza coloro che non rientrano nei suoi schemi.
Gesù, che troviamo sempre in cammino per incrociare le vie di ogni uomo, passa vicino ad un uomo, conosciuto da tutti, perché cieco fin dalla nascita, che sta a mendicare. Tutti lo guardano con compassione, ma hanno un pensiero fisso nel loro cuore. I discepoli esprimono questa comune convinzione, facendo una inquietante domanda a Gesù: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Già, perché non bastava soffrire a causa della cecità, che comunemente viene considerata una delle cose più indesiderabili, ma a questo si aggiungeva la sottintesa convinzione che la malattia era un castigo dovuto a qualche peccato nascosto o dell’interessato o dei suoi genitori. Quindi il cieco è doppiamente condannato, fisicamente e moralmente, e quindi socialmente è uno scarto. Gesù con energia e durezza rifiuta questa falsa e sbrigativa conclusione: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio». Quel che per tutti è un castigo di Dio, Gesù lo presenta invece come una grande opportunità di grazia per rivelare la gloria di Dio. Basta saper guardare con occhi diversi, con gli occhi che proiettano la luce di Dio.
Dal momento in cui, obbedendo alla parola di Gesù -che pur non conosce- egli si reca alla piscina di Siloe e si lava gli occhi, recuperando all’istante la vista, inizia il sofferto cammino di fede di quest’uomo nato cieco. É una narrazione straordinaria, vivace, ricca di colpi di scena, che segna la continua e sorprendente crescita della fede di quest’uomo. Non soltanto comincia a vederci, ma acquista anche una capacità interiore di vedere le cose a partire dalla luce che ora gli viene da Dio e lo libera dalle menzogne e dai pregiudizi, che finora lo hanno tenuto prigioniero. Entrato senza sua scelta nell’orbita di Gesù, comincia a subirne le conseguenze: diviene inviso agli scribi e ai farisei, i suoi stessi genitori prendono le distanze da lui per paura dei giudei, è apertamente accusato di essere un peccatore, ma non soltanto egli si difende bene, limitandosi a dire la verità dei fatti, ma comincia ad elaborare l’evento di grazia che lo ha toccato. Quell’uomo che lo ha guarito non può essere un peccatore, dal momento che manifesta un potere che viene da Dio, e difende questa convinzione, acquistata dalla diretta esperienza contro tutto e contro tutti, fino ad essere espulso dalla sinagoga, perchériconosce Gesù come profeta e uomo di Dio. Bellissima la sua provocante espressione: «Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla».
Questo straordinario esempio di testimonianza e di fedeltà al suo salvatore ci tocca da vicino, perché ci consente di misurare la qualità e la consistenza della nostra fede. Anche noi spesso ci nascondiamo dietro i pregiudizi e le paure, ci lasciamo ingannare dalla falsa sapienza degli uomini, finendo col non riconoscere più la verità che viene da Gesù, e non osiamo rendergli testimonianza. Da figli della luce quali siamo, perché rigenerati dal sangue di Cristo, ci comportiamo come figli delle tenebre. Gesù non abbandona chi si fida di Lui. Così Egli va incontro al cieco che ha acquistato la vista per aiutarlo a portare a compimento il suo percorso di fede, per mettersi al suo fianco e confermarlo nella scelta di volerlo seguire. Gli chiede semplicemente: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». Come il racconto della samaritana, anche questo si conclude con una professione di fede, ferma ed essenziale. Lasciamoci coinvolgere dalla profonda ed inattaccabile fede di quest’uomo, che non ha alcuna soggezione di professarla e difenderla di fronte a tutti, perché radicata nella convinzione che solo Gesù è la vera luce del mondo.
Giuseppe Licciardi (padre Pino)