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SIATE PERFETTI COME IL PADRE VOSTRO CELESTE

«SIATE PERFETTI COME IL PADRE VOSTRO CELESTE»
(Lv 19,1-2.17-18; Sal 102; 1Cor 3,16-23; Mt 5,38-48)

            Gesù continua ad illustrare ai discepoli ed alle folle  il nuovo stile di vita che Egli propone per superare la giustizia degli scribi e dei farisei, che non consente loro di far parte del numero degli eredi del regno dei cieli. Dopo aver ricordato ai discepoli che essi sono sale della terra e luce del mondo, e dopo aver cominciato a chiarire in che modo vivere i comandamenti di Dio che riguardano il “non uccidere” e il “non commettere adulterio”, a partire dal cuore che deve essere ben arato e liberato dai sassi e dalle erbacce del giudizio, dell’odio, del risentimento, del desiderio e degli sguardi impuri, Gesù completa il suo insegnamento affrontando altri due argomenti scottanti che riguardano fatti quotidiani dei rapporti fra le persone. Si tratta ancora una volta di altre due antitesi. Da una parte  Gesù presenta quello che è il comune modo di sentire e di vivere il rapporto con gli altri nei casi di torti o di offese o di angherie subite, seguendo l’insegnamento degli scribi e dei farisei: “avete inteso che fu detto…”; dall’altra propone la nuova via da percorrere, facendo ricorso all’uso molto efficace del paradosso: “ma io vi dico…”.

            Nel portare a compimento il suo discorso, che sconvolge i modi comuni di sentire e di vivere della gente di ieri e di oggi, Gesù ci dà la motivazione originaria e profonda della nuova legge morale che Egli intende consegnare ai suoi discepoli. Per Gesù, lo stile di vita dell’uomo, di ogni uomo, non può essere basato semplicemente su usanze e costumi che vengono dall’uomo, dalla cultura o dalle leggi, ma deve trovare un fondamento ancora più solido e sicuro. Da un’epoca all’altra, si vogliono giustificare i cambiamenti delle norme e dei criteri morali con le profonde trasformazioni culturali che incidono sulla sensibilità e sul vissuto dell’uomo e della società e quindi sulla sua moralità. Cosicchè quello che prima veniva considerato immorale ora non fa più impressione, perché è entrato nella mentalità e nel comportamento quotidiano delle persone. In questo modo, il criterio di riferimento per considerare buona o cattiva un’azione o per dichiarare normale un comportamento è dato dalla prassi comune. Se un tipo di comportamento entra nell’usanza comune, allora viene considerato accettabile e quindi “giusto”. Se lo fan “tutti”, che male c’è?

            Il criterio che guida la vita e la condotta dell’uomo è l’uomo stesso. Gesù non accetta questo principio, lo ritiene troppo fragile, insufficiente, per il semplice motivo che l’uomo non ha fondamento in se stesso. Se l’uomo viene da Dio, se l’uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio, allora l’unico valido fondamento per l’agire dell’uomo e l’unico criterio sicuro di moralità va posto in Dio. Questo principio è davvero sconvolgente, ma nello stesso tempo esaltante: la nostra misura non è data dalla fragilità, dalla debolezza, dalla variabilità dell’uomo, ma la nostra misura è data da Dio stesso. Siamo chiamati a confrontarci con Dio, ad essere come Lui. Non è una frase ad effetto o una esagerazione, ma semplicemente la nostra vocazione originaria. Già il Signore fa dire a Mosè cosa si aspetta dal suo popolo: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo». Da qui scaturisce l’esigenza non solo a non covare odio, a non coltivare alcun rancore nel proprio cuore, ad estirpare ogni sentimento di vendetta, ma, ancora di più, ad amare il prossimo come se stessi.

            Gesù parte dallo stesso principio. L’unità di misura della condotta dell’uomo è Dio. L’uomo non può puntare al ribasso nel realizzare la sua esistenza, ma deve anzi puntare il più alto possibile: «Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste». Ecco il traguardo vero cui deve essere rivolto il nostro sguardo, ecco la meta che Gesù ci propone di raggiungere: essere come Dio, o meglio, per dirla come Gesù “essere come il Padre nostro celeste”. Quale ideale più alto e più nobile potrebbe essere dato all’uomo? Gesù non riduce le aspettative sull’uomo. Egli pensa in grande, perché sa bene quanto può e vale l’uomo. Vale tanto da poter puntare su Dio, da poter desiderare di essere come Lui. Vedete quale enorme considerazione ha Gesù di noi? A questo punto, ci vuol ben altro che “occhio per occhio e dente per dente”; oppure “amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. A questo punto le regole del gioco saltano tutte. Resta solo da guardare verso Dio e chiedersi semplicemente: “Cosa farebbe Dio al mio posto? Come si comporta Dio con me?”. E se questo ci sembra troppo difficile, ecco che basta guardare a Colui che rivela ed attua in pienezza l’agire stesso di Dio. Basta guardare a Gesù e cercare di seguire il suo esempio.

            Quello che Gesù ci dice di fare lo ha fatto Lui per primo. Per questo ci può chiedere di essere pazienti e tolleranti con gli altri; di non usare la ritorsione e non far prevalere il risentimento o lo spirito di rivalsa e di vendetta, ma di aprire il cuore verso l’altro usando misericordia e compassione. Per questo ci chiede di amare persino i nostri nemici, di non fare distinzioni di persone, perché lui ha accolto tutti, poveri e ricchi, giusti e peccatori, amici e nemici. Non ci resta che avvicinarci sempre di più a Lui, entrare in un rapporto di maggiore familiarità e confidenza con Lui, prendendo contatto con la sua parola, perché riusciamo ad entrare nei suoi pensieri e nei suoi sentimenti, fino a farli diventare nostri e così cominciare a pensare e sentire come Lui. L’apostolo Paolo ci ricorda un’altra grande verità, che noi siamo tempio di Dio, che Dio, che Gesù, per mezzo del suo Spirito dimora in noi. Perché allora non lo lasciamo agire con maggiore libertà e a modo suo? Paolo arriva a dire di se stesso: “Noi abbiamo il pensiero di Cristo”. Ma a noi egli suggerisce: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù”. Lasciamo, allora, che questi sentimenti agiscano dentro di noi con potenza e libertà!

            Giuseppe Licciardi (P. Pino)