«ECCO L’AGNELLO DI DIO»
(Is 49,3.5-6; Salmo 39; 1Cor 1,1-3; Gv 1,29-34)
Potrebbe sembrare che nel proporci queste letture la Chiesa abbia dimenticato che proprio la scorsa domenica ci ha presentato l’evento del Battesimo di Gesù, che segna l’inizio della sua missione pubblica. Ma non si tratta di una ripetizione, bensì di un invito a riflettere ancora una volta sulla identità profonda di Gesù, perché in realtà la nostra fede si fonda su di Lui. Il brano di Vangelo di questa seconda domenica del Tempo Ordinario è tratto da Giovanni, ed è interessante notare che, pur fermandosi con insistenza sulla figura di Giovanni il Battista, alla fine viene messa a fuoco la persona di Gesù. Il Battista infatti afferma chiaramente che egli era stato mandato a predicare e a battezzare proprio perché Gesù fosse manifestato a Israele. Giovanni considera la sua esistenza e la sua missione in funzione di Gesù: è Lui che bisogna conoscere e far conoscere e diventare suoi testimoni è l’avventura più entusiasmante che si possa pensare. Giovanni è intimamente pieno di gioia nel rivelarci quello che gli è stato detto da Colui che lo ha mandato. Possiamo sintetizzare in tre affermazioni la testimonianza del Battista: 1) Gesù è l’Agnello di Dio; 2) Gesù è il Figlio di Dio; 3) Gesù è Colui che battezza nello Spirito Santo.
Come abbiamo ascoltato dal Vangelo di Matteo la scorsa domenica, anche Giovanni ci dice che è Gesù che si muove per andare incontro al Battista, il quale nota subito la sua presenza e riceve come una illuminazione interiore che gli permette di cogliere qualcosa della realtà profonda di Gesù. Egli infatti, di fronte alla folla di gente che lo circonda, dice ad alta voce, come per presentarlo in maniera ufficiale: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!». Una espressione piuttosto insolita, ma che affonda le sue radici nella storia di Israele. Parlando dell’agnello infatti ogni israelita va con la sua mente all’agnello pasquale, del cui sangue vennero segnati gli stipiti delle porte delle case degli israeliti in modo che lo sterminatore passasse oltre, senza toccarli, ma lasciandoli in vita. Aspersi dal sangue di Cristo, i battezzati sono salvati e rigenerati a vita nuova. Ma c’è anche il richiamo all’agnello che Dio fece trovare ad Abramo, perché lo offrisse in cambio del suo figlio Isacco. Gesù è quindi l’agnello che offre la sua vita interamente per la salvezza dei fratelli; la sua è una vita donata interamente per amore.
Per ben due volte Giovanni il Battista afferma che lui non conosceva Gesù, cioè non lo conosceva in questo modo che adesso gli viene rivelato. Lo conosceva come suo parente, come il figlio di Maria e di Giuseppe, ma non aveva una conoscenza profonda di Gesù, della sua vera identità. La scoperta lo ricolma di stupore, ma nello stesso tempo gli permette di acquistare la consapevolezza di dovergli rendere testimonianza. Quello che lui ha avuto la grazia di conoscere, di scoprire, di contemplare e di udire non lo può tenere per se stesso, ma lo deve testimoniare. L’autorità morale che ha acquistato presso gli israeliti è messa in gioco per fare conoscere a tutti questo Gesù di Nazaret: «E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio». Una affermazione incredibile e stupefacente. Come mai Giovanni ha potuto dare questa testimonianza? Cosa lo ha convinto? Egli ci comunica la sua esperienza interiore, parlando come di una nuova conoscenza, che non deriva dalle sue capacità, ma che gli proviene direttamente da Dio.
Egli era consapevole di essere messaggero di qualcuno che doveva venitre, di colui che era in fondo l’atteso e di cui i profeti avevano parlato. Adesso scopre che egli è più grande di lui e “era prima di lui”, la sua esistenza va molto indietro nel tempo, perché egli era fin dal principio. Ma ancora più profonda è l’altra esperienza, di cui ci parlano anche gli altri Vangeli, cioè la discesa dello Spirito Santo sopra Gesù. Il Battista ce lo riferisce parlando come di una contemplazione, qualcosa che lo ha rapito interiormente e nello stesso tempo gli ha comunicato una nuova, profonda conoscenza di Gesù. Egli ha visto lo Spirito di Dio scedere sopra Gesù e posarsi su di Lui, come ad indicare che Gesù è la dimora naturale dello Spirito. Su tanti uomini scende lo Spirito, per renderli capaci di realizzare la loro missione, dopo di che si ritira. Su Gesù invece lo Spirito si ferma, trova la sua dimora. Giovanni afferma che Gesù è colui che battezza nello Spirito, che proviene da Lui e ci da la nuova vita che viene dall’alto.
Il Tempo Ordinario inizia quindi con questa straordinaria scoperta di chi è Gesù per noi. Mi pare opportuno tornare a sottolineare come Giovanni per ben due volte dice che lui non conosceva Gesù. Una affermazione bellissima, piena di umiltà e di stupore, come a ricordarci che non dobbiamo dare mai per scontata la nostra conoscenza di Gesù, ma che dobbiamo tenere il nostro cuore sempre pronto ad una nuova e più profonda conoscenza di Lui. Lo possiamo imparare dal Battista. Egli stava sempre con l’orecchio attento alla voce di Dio, per evitare di coprirla con altre voci, o magari rifiutandosi di andare oltre a quello che lui pensava. Egli era pronto a mettere da parte le sue idee, per dare spazio a quello che Dio gli faceva conoscere. Inoltre Giovanni ha imparato non a guardare con superficialità, ma a contemplare il mistero di Dio, per lasciarsene avvolgere. Ed infine, ha compreso che la sua vita doveva essere una continua testimonianza di quanto aveva udito e visto. Ed è proprio tutto quello che noi siamo chiamati a mettere in pratica.
D. Giuseppe Licciardi