«VENNE TRA I SUOI E I SUOI NON L’HANNO ACCOLTO»
(Sir 24,1-4.12-16; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18)
Seconda Domenica dopo Natale
Le domeniche dopo il Natale continuano a farci rivivere il mistero fondamentale e fontale della nostra fede, l’Incarnazione del Verbo di Dio, Dio che in Gesù si fa uno di noi, che si fa uomo, nascendo come ogni uomo da una donna, Maria. Anche se nel suo divenire uomo entra direttamente l’agire misterioso e creatore di Dio, che fa sbocciare la vita in Maria per opera dello Spirito Santo, tuttavia è dall’umanità di Maria che Gesù prende la sua umanità, carne e sangue, ed entra nella nostra storia. Anche se il prologo del vangelo di Giovanni si esprime in termini teologici e pieni di immagini, l’espressione centrale di esso, “ed il Verbo si è fatto carne”, esprime la concretezza di questo evento. I Vangeli dell’infanzia non sono composizioni poetiche astratte e disincarnate. Lo abbiamo potuto costatare ascoltando le pagine del Vangelo di queste festività natalizie. Si parla di rifiuto da parte di chi ha luoghi di accoglienza, si parla di stenti, di sofferenza, si parla pure di minacce di morte, di paure, di fuga improvvisa, nella notte, verso l’Egitto. Certo ci sono gli angeli, ci sono i pastori che nella loro semplicità ed umanità sostituiscono tutti quelli che hanno opposto un indifferente ed egoistico rifiuto. Ma certamente non si tratta di scene idilliache ed i giorni di Giuseppe e Maria e col Bambino non sono stati rose e fiori.
Il Prologo di Giovanni inizia in maniera grandiosa, rivelandoci la natura profonda di questo Bambino, chiamandolo Verbo che proviene da Dio ed egli stesso Dio. Ci descrive il suo ruolo nell’opera della creazione, affermando con chiarezza che tutto è stato fatto per mezzo di Lui e tutto è finalizzato a Lui. Al principio della creazione, che si ricollega col libro della Genesi, segue il nuovo principio della Redenzione, che parte dal momento in cui Maria dona la sua piena disponibilità all’agire sovrano e misericordioso di Dio, per cui Il Verbo eterno comincia ad abitare nella dimora santa ed immacolata, che è il grembo di Maria, per essere immerso nel grembo dell’umanità segnata dal peccato e da un tendenziale stato di sepazione-avversione nei confronti di Dio. Il Verbo-Gesù è il Germoglio, l’innesto santo che viene a ridare nuova vita all’umanità ed a renderla popolo santo gradito a Dio. Ma come era avvenuto all’inizio, l’agire misericordioso di Dio da solo non basta a salvare l’umanità, se non c’è una risposta positiva da parte della stessa umanità, che accoglie la salvezza.
E della risposta dell’umanità ci da notizia lo stesso Prologo di Giovanni, quando ci descrive la lotta tra la luce e le tenebre, che si rifiutano di accogliere la luce, preferendo di restare al buio. Oppure, quando aggiunge che il mondo, opera delle sue mani, non lo ha nemmeno riconosciuto. Addirittura leggiamo quella espressione piena di amarezza e di delusione che racconta l’impatto tra Colui che Dio ha mandato ed il suo popolo: «egli venne tra i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto». Non lo hanno accolto gli abitanti di Betlemme, il paese di origine di Giuseppe, dove dovevano abitare alcuni dei suoi parenti. Non lo hanno accolto gli abitanti di Gerusalemme, insieme con i capi del popolo, che rimangono sconvolti alla notizia che è nato il re dei Giudei. Non lo ha accolto il Re Erode, il quale anzi vede subito in questo Bambino sconosciuto un rivale, uno che minaccia il suo trono. Non lo hanno accolto i sacerdoti e i leviti del tempio, che pure ufficialmente annunciavano la sua venuta, e nemmeno gli scribi e i dottori della Legge, pur essendo riusciti ad individuare il luogo della sua nascita, e quindi che ormai il tempo dato dai profeti si era compiuto. Dicono di attendere il Messia promesso da Dio, ma quando viene non lo riconoscono e lo rifiutano.
Chi lo accoglie? Sì, per fortuna il rifiuto ufficiale del popolo d’Israele, nelle sue varie componenti religiose e civili, trova delle eccezioni. Ad accoglierlo sono i pastori, gente che non conta niente nella società civile, e che sono gli emarginati della società, i paria, quelli che non si dovevano avvicinare, i senza casta. Quelli che da un punto di vista ufficiale erano gli esclusi per antonomasia, diventano invece i predestinati a ricevere il primo annuncio della sua nascita, i primi ad essere avvolti dalla luce e dalla gioia del cielo che scendeva sulla terra, i primi a farsene messaggeri ed annunciatori presso altri. Le etichette vanno a farsi benedire, gli ultimi diventano i primi ed i primi scompaiono dalla circolazione. Gli amici ed i parenti sono diventati estranei, e gli estranei sono diventati familiari. I lontani riescono ad intravedere i segni del suo arrivo e si mettono in cammino. Essi obbediscono alle intuizioni del cuore più che ai dati sicuri delle scienze, anche se per loro quel segno misterioso apparso nel cielo era un dato certo, tanto da convincersi ad affrontare il viaggio verso l’ignoto. Al solito Dio chiede di muoverti, andando dietro le sue indicazioni, anche se non ti dice il luogo preciso dove arriverai. Quel che conta è che tu parta sulla sua parola.
Stiamo parlando proprio dei Magi, questi personaggi misteriosi, che continuano e continueranno ad affascinare il cuore degli uomini, questi cercatori della verità, sognatori di un mondo nuovo inabitato dalla giustizia e dalla pace, ma che vengono a trovarsi in mezzo ad altri esseri umani, che sono guidati dalla violenza, dall’egoismo, dalla sete del potere, dalla legge del più forte. Essi sono pronti a mettere in gioco la loro intera esistenza per rincorrere il loro sogno, che è anche il sogno di Dio. Ad essi, come pure ai pastori, è stato dato il potere di diventare figli di Dio, non per la carne e il sangue, ma per il semplice fatto che hanno saputo usare il linguaggio di Dio, la bontà, la tenerezza, la disponibilità, l’accoglienza, la sete del vero e del bene. A loro Dio si è manifestato ed essi lo hanno incontrato. Come una sorpresa. Così sarà ancora e sempre per quanti riescono a mantenere un cuore aperto ed umile, per sapere accogliere l’imprevisto e la sorpresa di Dio, e riconoscere ed accettare che proprio un Bambino è l’Emmanuele, il Dio con noi.
Giuseppe Licciardi